[Pre]visioni di futuro

0

L’uomo è un concretizzatore di sogni, capace di materializzare ciò che immagina (in positivo e in negativo), di tutti gli uomini l’architetto possiede una sensibilità superiore: riesce a vedere con gli occhi della mente, è un visionario, capace di percepire mondi invisibili fatti di energie sottili, che al resto dell’umanità si svelano solamente dopo qualche tempo, qualche decennio, o -nel caso di qualche genio particolarmente illuminato- anche dopo qualche secolo.
La fantascienza si propone come una (finta) scienza – dall’inglese science fiction – fatta di parafrasi e perifrasi di questioni che si presentano come metafora della realtà contingente; in grado di offrire punti di vista inediti, perché inusuali o portati all’estremo; è una sorta di utopia o, in taluni casi, una distopia di ciò che futuribilmente può accadere.

Bathamatic, Warren Chalk - Archigram, 1970

In questa lettura risiede il legame che vincola la fantascienza all’architettura, al design, alla moda e viceversa: perché queste visioni siano verosimili ogni dettaglio deve essere curato, ogni accessorio deve essere definito, ogni ambiente deve essere caratterizzato fin nei minimi particolari.
La fantascienza assume un potere deflagrante quando riesce a trasporre situazioni ambientali e sociali descritte o narrate, in ambientazioni concrete, quando riesce a farsi ispiratrice e si ispira ad una realtà anche formale, materiale, costruita, anche attraverso il potere delle immagini del cinema e dei fumetti.
Questo percorso racconta delle analogie tra immaginato e costruito, fra rappresentazione e realtà.
Intorno agli anni ’60, la possibilità di creare nuove soluzioni per le conformazioni dei nuclei urbani –suggerita da un potenziale tecnologico fino ad allora inedito, insieme a nuove opportunità espressive accompagnate da un interesse per modi di vivere alternativi – hanno stimolato tutta la produzione industriale alla ricerca progettuale sul tema delle unità abitative mobili.

La riflessione sulla condizione di minimo abitabile, suggestionata anche dalla contestazione sociale di quegli anni, porta alla concezione di una cellula spaziale elementare, ad obsolescenza programmata, attraverso cui l’architettura tutta si struttura e ristruttura, come un organismo vivente.
Questo filo spezzato alla fine degli anni ’70, è stato ripreso nel contemporaneo con progettisti come Greg Lynn e i NOX, che arricchiscono quella vena utopica con una nuova interpretazione di una natura ben sintetizzata dal computer.

SUBSCRIBE
Unisciti alla nostra mailinglist, sai che vuoi farlo.