Il futuro dei contenuti online in sette (strategiche) mosse

0

Chartbeat, società che fornisce analisi statistiche per media companies, ha pubblicato una ricerca sui trends del giornalismo digitale.

Dove stia andando il giornalismo è un quesito piuttosto complicato da porsi, su cui buona parte degli editori italiani (e internazionali) ha preferito al momento sprecare la giustificazione o quantomeno rimandare ogni risposta alla seconda ora.
Il problema è che per numerosi giornali sembra non esserci una seconda ora.
Le crescite delle revenues dai quotidiani digitali non stanno minimamente sopperendo le perdite ingenti dei quotidiani cartacei. Non possono farlo per mille motivi più uno: lo sviluppo dei digital newspapers è costruito su un modello di business troppo ancorato al quotidiano tradizionale. L’uso sinergico di web e carta non sta pagando, a livello commerciale (e a livello qualitativo?). E, come ha evidenziato Pier Luca Santoro nella sua riflessione su DataMediaHub, emerge sempre di più un’esigenza: servono nuove metriche, condite da una buona dose di coraggio, per progettare un giornalismo realmente digitale.

Ecco quindi, partendo dalla ricerca di Chartbeat, il futuro dei contenuti online in 7 passaggi obbligati.

1 – il terzo schermo sta diventando il primo

Bisogna ripensare i contenuti digitali per un utilizzo ottimale da dispositivi mobile: entro un anno infatti, la percentuale di traffico di ogni quotidiano online arriverà da questi devices. Era circa il 30% nell’ottobre del 2013. 

2 – Crescita degli investimenti sui video online

Prima erano un approfondimento, ora sono diventati un business. Entro tre anni almeno metà dei visitatori di quotidiani sarà alla ricerca di contenuti video. E la pubblicità seguirà questa tendenza. 

 

 

3 – la qualità del contenuto supera il click

Una visita non equivale a un lettore. Nel giornalismo digitale ci sono molti altri fattori che danno valore all’esperienza del consumatore. A partire dal tempo di engagement speso nel leggere un quotidiano fino alla stessa qualità della proposta giornalistica. Fattori chiave che introducono il punto più importante dell’analisi, vale a dire:

4- l’esigenza di nuove metriche per misurare il successo

Per dirla con le parole di Pier Luigi Santoro, “se continuiamo a misurare e a valutare la bontà del nostro lavoro su metriche che hanno scarso valore non potremo mai costruire qualcosa che abbia effettivamente valore”. Non si può perseverare nel monitorare esclusivamente le pagine lette o i visitatori unici di un sito web, quando altri parametri (come il tempo speso sul sito, la propensione a tornare a leggere il quotidiano e il grado di fidelizzazione costruito con l’utente) sono fattori chiave per giudicare l’esperienza digitale (sia dal punto di vista giornalistico che pubblicitario). 

 

 

5 – la pubblicità nativa sta per prendere il sopravvento

I maggiori quotidiani americani (vedi New York Times) hanno già iniziato a testare questo tipo di sviluppo pubblicitario, creato su misura per il lettore sia in formato che contenuto. L’obiettivo è rendere l’annuncio meno invasivo, non interrompere la lettura dell’utente e aumentare la percentuale di click e interazioni. Il contrario di quello che avviene in buona parte dei quotidiani online, con banner intrusivi e difficili da aggirare.

6 – serve un rapporto diverso con le persone

Ripensare ad un rapporto diverso con la persona è la sfida più ambiziosa del giornalismo digitale. Una sfida anche eticamente coinvolgente, che non si porrà mai l’irreale obiettivo di non considerare “un numero” la persona che sfoglia o (sic) scrolla il quotidiano online ma piuttosto cercherà di confezionare un prodotto editoriale pensando all’esigenze del consumatore, aprendogli i vantaggi di essere un subscriber, favorendo lo sviluppo di una community fidelizzata.

 

 

7 – Sperimentazione significa rischio e investimento

Non è sbagliato continuare a credere che il web costi meno, ma lo è immaginare che possa essere ancora un territorio-franco dove ogni esperienza è gratis. E’ stato, dopotutto, l’errore che ha generato la crisi dell’editoria ma non può in alcun modo condizionare le scelte attuali degli editori e limitarne i budget.

Servono prodotti nativi per il web, nei diversi devices, servono investimenti seri che creino un futuro in cui web e carta abbiano sviluppi strategici differenti. Personalmente rimango affezionato alla lettura cartacea, ed è una considerazione al netto di ogni richiamo nostalgico, ma penso sia doveroso che i media differenti abbiano uno sviluppo diverso e non per forza sinergico.

Altrimenti saranno come due scalatori legati da una corda. Gregari nella timorosa salita, compagni di sventura nella vertiginosa caduta.

 

Sfoglia su slideshare la ricerca di Chartbeat:

Top Trends in Online Journalism for 2014 from Chartbeat | Real-time site data for front-line teams

Credits della foto in evidenza e prima immagine: Digital First by John Paton

SUBSCRIBE
Unisciti alla nostra mailinglist, sai che vuoi farlo.