Kandinskij: un’arte più forte di qualsiasi perplessità

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Per lui non c’erano grandi distinzioni in pittura, diceva che tutto quello che era sincero, era vero, andava bene. Il consueto appuntamento del giovedì oggi ci porta tra le stanze astratte di Palazzo Reale. Il giovedì, perché vi consiglio il mercoledì cosa potreste andare a vedere il giovedì, unica sera in cui Milano apre le porte alla cultura.

Astratte, perché il protagonista a Palazzo Reale fino al 4 maggio 2014 è l’artista Vasilij Kandinskij, con le sue moltissime opere provenienti dal parigino Centre Pompidou. L’astrazione è quella cosa che piace o non piace, con Kandinskij poi è amore o non lo è. Per quanto mi riguarda molti anni fa fu amore a prima vista, con quei colori, con quelle sinuosità instabili che ti creano un vortice nell’anima all’istante. Esistono molte tipologie di verità: la verità di Kandinskij è quella che scaturisce dallo studio, dall’analisi attenta, dall’osservazione paziente di quello che ci circonda. Kandinskij era un giovanotto intraprendente quando si trasferisce dalla Russia a Monaco per studiare pittura, si applica, è dotato, ma va oltre: riesce, quasi primo fra tutti, nell’impresa di rendere passiva l’immagine imitata per portarci dentro il quadro nella sua potenza di colori ed impulsi di sensazioni. Ovviamente in quel lungo processo che prende proprio il nome di astrazione, nel quale, in mezzo ad anni di studi e pagine scritte, Kandinskij arriva ad invertire esteriorità ed interiorità, e a creare un’immagine psichica che fissi la memoria umana.

Un’ambizione non da poco quella del giovane russo che peregrina attraverso l’Europa, appassionandosi al mondo, alle sue luci, ai suoi suoni. Kandinskij infatti è alla irrequieta ricerca di quell’opera d’arte totale che lega le sue grandi passioni: il colore alla musica. Kandinskij non parla di rosso sangue ma di un rosso irresistibile e consapevole del proprio scopo, del carattere dissipato del giallo, del cerchio come modesto e preciso, instabile e stabile, come l’unica tensione che ne contiene innumerevoli altre. Se in un primo momento teorizza la relazione fra colore e musica – e scrive “Il cavaliere azzurro” con Franz Marc e “Dello spirituale nell’arte” – in un secondo si irrigidisce nel rigore formale delle figure geometriche – è la volta di “Punto, linea e superficie”-, per infine abbandonarsi a quel mondo biomorfo che è diretta immagine dell’anima. La verità di Kandinskij è una verità scientifica, indagata. È una realtà che si abbandona alla forza e alla sincerità delle sensazioni ma vuole essere più forte di qualsiasi perplessità della mente umana.

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