Il vino e il web: a che punto siamo? Ce lo racconta Jacopo Cossater

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A due giorni dal via di Vinitaly (Verona, 6-9 Aprile), ho incontrato Jacopo Cossater, uno degli storici blogger italiani del settore vinicolo (enoicheillusioni.com e intravino.com)
Giornalista e consulente,  Jacopo ci ha guidato in questo mondo per aiutarci a scoprirne il processo di digitalizzazione, tra casi di eccellenza e margini di crescita.
Partendo da questo riconoscimento.

Ha un valore, probabilmente non solo simbolico, l’apertura di Vinitaly ai blogger: quanto conta questo tipo di riconoscimento?

Per chi ha sempre trovato un modo di entrare in fiera, tra accrediti stampa e inviti omaggio, cambia poco. Naturalmente a livello simbolico è importante perché dopo anni di discussioni sul tema si riconosce l’importanza dei blog nel sistema della comunicazione legata al vino.

 

Come si comunica ai non esperti di vino, considerando che chi segue i blogger di settore è già, per un motivo o per un altro, inserito in questo mondo?

E’ una domanda difficile.  Tutti, da sempre, ci siamo interrogati prima o poi su come riuscire ad essere più popolari. Come si fa a essere più pop? Personalmente sono un po’ scettico. E’ il punto di partenza a essere sbagliato. Come puoi porti in un modo più pop? Semplicemente, “sii pop”.

Cerca di scrivere in modo chiaro a tutti. Le iniziative che cercano, in modo quasi costruito a tavolino, di essere forzatamente popolari spesso rischiano di essere molto (troppo?) trash.

 

Consigliaci 5 siti per coltivare la passione del vino: dal principiante all’esperto (italiani e/o internazionali).

In questi anni ho avuto la fortuna di conoscere tantissime ottime firme, con alcune di queste sono nate belle amicizie. È per questo che preferisco fare il “democristiano” e prenderla alla larga senza indicare nessun nome specifico. Se però dai un’occhiata alla classifica di eBuzzing puoi facilmente trovare le testate più importanti, non ne manca nessuna. 

 

carlo_tabarrini_instagram

L'account Instagram di Cantina Margò

Quale apertura hanno le aziende vinicole nell’investire nella comunicazione digitale?

La mia percezione è che il settore del vino sia il più rappresentato, sia qualitativamente che quantitativamente, nei social media. Il vino nel nostro Paese ha aperto una strada. Soprattutto se lo confrontiamo con le altre aree produttive, il vino dimostra di essere un’avanguardia. Di esempi ce ne sono diverse decine. C’è, di massima, un grande fermento e la dimostrazione che le aziende hanno capito quanto sia importante investire risorse, e mi riferisco più al tempo che al denaro, nel raccontare la propria storia sul web.
Tornando ai case history d’eccellenza, voglio citarne tre per ribadire la grande trasversalità del settore vinicolo: dalla cantina fatta da una persona (penso a Carlo Tabarrini e alla sua Cantina Margò) fino alle grandi famiglie del vino italiano (da Zonin a Marchesi de’ Frescobaldi).

 

Hai parlato di qualità e crescita del processo di “digitalizzazione del vino” in Italia. E in cosa dobbiamo ancora migliorare tra strategia social, storytelling e sviluppo e-commerce?

Partiamo dalla strategia social: il mondo del vino è social per definizione. Non esiste veicolo sociale più rilevante del vino. E in questo senso ribadisco la mia idea: il settore è un’avanguardia nella comunicazione e ci sono cantine ed aziende che hanno iniziato a raccontare una storia, semplice o complessa, in modo estremamente digitale.

Parlando di e-commerce si entra un po’ in un ginepraio. Non s’è n’è mai parlato così tanto come negli ultimi dodici/ventiquattro mesi. C’è oggi un’offerta mai vista prima. L’e-commerce ha, ovviamente, tantissimi margini di crescita e questo può essere il prossimo grande settore di sviluppo. Ma è anche un’area dove scontrarsi con grandi paradossi: per dire, oggi puoi venire in Italia, riempirti la macchina di bottiglie e rientrare indisturbato in Germania o altrove. Al tempo stesso le stesse bottiglie non le puoi comprare in rete per gli assurdi regolamenti che regolano il settore.
E’ un tema su cui discutere: per trovare uno sviluppo strategico di vendita ma anche perfezionare le politiche che lo regolano.

 

Foto panoramica dal sito frescobaldi.it

Da quello che mi racconti sembra che il vino sia uno dei (pochissimi) settori in cui la naturalezza del prodotto si sposa perfettamente con una comunicazione digitale, in senso letterale.

E’ così. L’artigianalità funziona molto bene sul digitale. Basta davvero poco, per raccontare il day by day della produzione del vino. Per twittare o pubblicare una foto su Instagram che facciano apprezzare quest’artigianalità e naturalezza.

 

Quanto è internazionale la comunicazione digitale del settore?

Dipende dai contesti e, naturalmente, dai mercati. Sicuramente il prossimo passo, anche per chi si occupa di comunicazione e per chi scrive di vino, sarà parlare al mondo e non solo all’Italia.

Slow Wine ha iniziato una newsletter digitale in italiano, inglese e tedesco: un altro piccolo segnale che va in questa direzione.

 

Il mondo del vino, da fuori, a volte sembra un po’ snob o quantomeno autoreferenziale. Può essere una scelta e persino essere positivo. Secondo te è così? Chi parla di vino comunica molto allo specchio?

L’autoreferenzialità è un problema? Secondo me no. Ci sono tante voci nel mondo del vino: c’è così tanta polifonia in questo settore che anche una comunicazione autoreferenziale può essere una risorsa, una voce diversa, autorevole. Assolutamente: non un problema.

Quali sono i tuoi programmi per questa edizione di Vinitaly?

In realtà Verona sarà la capitale del vino, nei prossimi giorni, anche e perché non c’è solo Vinitaly. Io rimbalzerò tra i padiglioni della Fiera e le altre tre manifestazioni che saranno organizzate tra la provincia scaligera e alcune località limitrofe. Da ViniVeri a Cerea, a VinNatur a Villa Favorita a Sarego (VI) fino a Summa a Magrè, in Alto Adige.

 

Foto di copertina: dal profilo Instagram di Carlo Tabarrini (Cantina Margò).

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