#MiamiFestival: un decimo compleanno perfetto

di Dietnam

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Per la prima volta in vita mia son riuscito a farmi tutti e tre i giorni di Miami, dall’apertura dei cancelli fino all’ultima band in programma.

Cosa dire? È stato davvero bello.

Bello che non ci fossero zanzare.
Bello che la pizza fosse sempre buona.
Bello che si sentisse bene e con volumi da concerto (RockInIdro, prendi appunti!).
E bello che la gente sembrasse tutta felice, anche se ho assistito per sbaglio a litigate importanti tra noti esponenti della scena musicale italiana e (presumo) fidanzate furiose.

Ma parliamo dei concerti.

In tre giorni non li ho certo visti tutti (credo di essere la persona che ne ha visti meno in rapporto al tempo passato lì), ma alcuni mi son piaciuti davvero molto.
Venerdì i Non Voglio Che Clara hanno fatto il loro solito live perfetto, con l’extra dei volumi alti.
Forse la miglior band italiana attualmente.
Sempre venerdì son riuscito a vedere anche i TARM, per la prima volta in vita mia.
Occhi bassi, a distanza di 15 anni, l’ho cantata parola per parola.
Ah, quasi dimentico gli Egokid: li avevo visti finora solo in versione acustica.
Con le volumate del palco Pertini e il set elettrico li ho apprezzati molto di più.

Sabato invece ho optato per la pizza con le acciughe invece della solita margherita.
Ricordatevi una cosa importante: la pizza dei Miami viene servita a 90mila gradi.
Notevoli i jalapenos impanati.
Sempre ok le patatine fritte.
Ancora mi pento di non aver preso il pollo fritto.

Concerti: il Triangolo ha stravinto la giornata di sabato.
I pezzi del disco vecchio hanno fatto esplodere un sing along da pelle d’oca.
I pezzi del disco nuovo crescono ad ogni ascolto.
E poi hanno la faccia da sberle perfetta per stare sul palco.
Bravissimi.
Ma veniamo all’orgoglio veronese: le Lovecats e i C+C Maxigross sono sul podio dei migliori concerti di sabato.
Sempre e solo amore per Adele e Cecilia, che anche qui son riuscite ad emozionare anche le piante con Sonnet n.4 in chiusura.

I C+C con la nuova formazione sono meno giocattoloni e più quadrati. Pensavo avrebbero perso la loro solita magia e invece l’hanno solo migliorata. E poi hanno Sacco alla batteria, che io ricorderò sempre con affetto perché, nel periodo in cui ha suonato la batteria con i Canadians, ci portava in sala prove tonnellate di panzerotti, pollo fritto, mozzarelline impanate e cose simili, contribuendo alla mia ipertensione e alla mia felicità.
Al volo, pensieri sparsi sugli altri che ho visto sabato: Lucio Corsi notevole, mi sembra parlasse anche dei dinosauri. Zen Circus partiti a bomba con Canzone contro la natura ma poi, complice magari pure la (mia) stanchezza, non mi hanno catturato e sono fuggito a casa. Lo Stato Sociale ho sentito solo l’inizio. A differenza di quasi tutti gli altri live, mi sembrava che si sentisse particolarmente di merda (ed ero davanti alle casse, però forse un po’ lontano), quindi dopo due pezzi sono andato dal Triangolo, però mi sembra di ricordare che, col primo pezzo, abbiano tirato giù mezzo Miami. I Mellow Mood fanno reggae, e lo fanno da dio. A me però il reggae fa cagare. I DID fanno quella roba lì che piace a molti ma che a me non piace.
Bene, poi non ricordo altro.

Domenica: il caldo porco, il desiderio di morte, il caldo porco, il desiderio di nascondermi in uno dei frighi con le bottigliette d’acqua. Il caldo porco, insomma.
Diciamolo subito: i Fast Animals and Slow Kids hanno distrutto la collinetta, i culi dei presenti, i culi degli assenti, i culi del mondo intero. Un live devastante come non ne vedevo da parecchio tempo. E il pubblico in delirio. Bravi, bravoni, bravissimi.
E Nicolò Carnesi (al quale ho finalmente detto “Oh, sei la persona che incontro più spesso in giro per Milano. In qualsiasi zona di Milano! Ti trovo pure al mio ristorante giapponese preferito!” “Ah sì? Quale?” “Quello in De Angeli” “Ah, buono quello!”) ha fatto questo live stupendo in cui le canzoni del nuovo disco (per ora mio disco dell’anno) rendono anche di più. Era contento a fine concerto. E se è contento lui volete forse che non lo fosse il pubblico? Secondo miglior live della giornata, insomma.
I tanto nominati Amanti (ci suona qualcuno che è amico della mia amica Giulia, se non erro) non mi son piaciuti. Potrei anche dirvi perché, ma non sempre riesco a spiegare per quale motivo una cosa mi piaccia e una non mi piaccia. Cioè, ci riesco: mi piace perché mi piace. Non mi piace perché non mi piace. I Pocket Chestnut hanno fatto il loro solito live allegro e cazzone con tanto di delirio finale, con un Sandro Giorello (“Vuoi taggare Sandro Giorello?”) abbastanza preoccupato sul palco invaso dal pubblico con mascherine e strumenti giocattolo.
E Le Luci? La prima cosa che ho notato è che alla chitarra c’è il mio amico Andrea Faccioli (una delle cause del mio non essermi mai laureato: ci sono prati, panchine e sedie della mensa dell’università di Verona che hanno il segno delle nostre chiappe nullafacenti -le mie più delle sue- impresse per l’eternità). La seconda cosa che ho notato è che Vasco sembra divertirsi tantissimo durante il concerto, corre e salta in continuazione, e la cosa è stata molto bella da vedere. Ho guardato il concerto col sorriso anche se Vasco non fa le solite canzonette di merda strofa/ritornello che tanto piacciono a me e anche se non è che fosse il concerto più allegro e divertente dell’universo. Ma a me vedere la gente che si diverte mette evidentemente allegria.

Sì, ho visto pochi concerti, ma io mica vado al Miami per i concerti.
Vado al Miami per farmi la tessera gratis di Car2Go, scroccare una consumazione a Uber, trovare i miei amici di Rockit e i miei amici non di Rockit, e infine vado al Miami perché è il regno degli shorts.

Basta. Vado a dormire.
All’anno prossimo, chissà dove, chissà quando.

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