Stop alle melanzane, ai fagiolini ed alle zucchine!
Perché?
Questo vostro stupore mi sorprende…nemmeno Jamie Oliver, MasterChef, Cuochi e Fiamme, l’intramontabile Antonella Clerici e tutti i siti internet di cucina vi hanno insegnato che le verdure hanno una stagionalità?
Se neanche le app e i tutorial sull’orto verticale vi hanno insegnato quale frutta e quale verdura c’è in autunno, tranquilli, non siete proprio senza speranza e vi do io la soluzione.
Uscite di casa e andate dai nonni oppure cercatene uno di qualcun altro e chiedete a loro che cosa si coltiva e che cosa si pianta in ogni stagione.
Ancora, potete andare in qualche orto condominiale o orto di quartiere, c’è sempre qualcuno che avrà la passione di insegnarvi la stagionalità dei cibi.
Certo le serre, i concimi, i fertilizzanti e i trasporti intercontinentali ci permettono di avere fagiolini tutto l’anno, magari irrigati assetando qualche persona meno fortunata.
Tutto questo quanto costa?
Tutto questo è davvero necessario?
Ma facciamo un salto in casa, apriamo il frigo e la dispensa e mettiamo da parte il 40% del cibo che c’è. Beh, quello è lo spreco medio che abbiamo nelle nostre case. Si, quel 40% di cibo lo gettiamo nella nostra spazzatura differenziata.
Sprechiamo all’anno circa 149 kg di cibo pro capite e circa € 1.300 a famiglia!
In realtà il cibo che finisce nella spazzatura è ben di più, ed è il 30% dell’intera produzione annua mondiale, cioè 1,3 miliardi di tonnellate all’anno.
Come abbiamo imparato in scienze, ogni processo di trasformazione produce uno scarto, così è anche per il cibo. Dalla produzione alla raccolta, da qui alla prima trasformazione e poi alla trasformazione industriale, per arrivare alla distribuzione ed al consumo per ristorazione o a casa, ogni fase ha il suo spreco e cumulato è quel 30% all’anno.
I paradossi ci sono e sono macroscopici.
Sappiamo che muoiono 36 milioni di persone all’anno per carenza di cibo, ma al tempo stesso muoiono 29 milioni di persone per eccesso di cibo.
Due miliardi di persone hanno difficoltà di accesso al cibo e nello stesso momento, il 45% della produzione di mais è destinata alla produzione di biocarburanti.
Lo spreco ha delle origini:
– i progressi dell’agricoltura, dell’allevamento e dell’industria alimentare hanno consentito di aumentare la disponibilità di generi alimentari;
– il prezzo in calo e una percentuale sempre più bassa di reddito destinata ai generi alimentari hanno progressivamente favorito una maggiore tolleranza verso gli sprechi alimentari. In Italia l’incidenza della spesa alimentare sul reddito medio familiare oggi è circa il 12% mentre nel 1970 era del 30% e nel 1914 del 60%;
– l’urbanizzazione ha incrementato le distanze dal punto di produzione a quello di consumo e che quindi ha determinato il progressivo allungamento della filiera agroalimentare;
– la variazione della composizione della dieta alimentare, legata all’aumento del reddito disponibile, evidente in particolare nelle economie in transizione come Brasile, Russia, India e Cina.
– la crescente globalizzazione del commercio e la rapida diffusione della Grande distribuzione organizzata (GDO) in molti paesi emergenti.
Le conseguenze ambientali sono drammatiche.
In Italia la quantità di frutta e ortaggi gettati via nei punti vendita comporta il consumo di più di 73 milioni di m3 d’acqua, l’utilizzo di risorse ambientali pari a 400 milioni di m2 di terreno equivalenti e l’emissione in atmosfera di più di 8 milioni di kg di CO2 equivalente.
Per quanto riguarda la carne, gettarne via 22 mila tonnellate significa sprecare circa 127 milioni di m3 d’acqua, emettere nell’atmosfera 9,8 milioni di tonnellate di CO2 equivalente e depauperare le risorse ambientali di 8.400 ettari equivalenti di terreno.
Una modo per iniziare a cambiare?
Comprare la quantità di cibo che si riesce a mangiare, comprare prodotti locali, comprare prodotti stagionali e se ci troviamo il frigo pieno…prima che sia troppo tardi e si debba buttare tutto, organizziamo una cena con gli amici.