Già che ora mi tocca chiamarla Maison Margiela e non maison Martin Margiela mi sta tremendamente sulle palle.
In più il fatto che il mio marchio preferito, quello per cui nutro un profondo e ammirevole rispetto, sia stato messo nelle mani di uno degli stilisti che meno contemplo e meno mi aggrada tra i vivi ed i morti è quasi shoccante per me. Il brand Margiela è diventato un riferimento della moda concettuale perché in ogni singolo pezzo delle proprie collezioni veniva analizzato con ironia il concetto di invisibilità, di asetticità, di mancanza di senso in questa assurda vita.
Tutto questo bagaglio di pensiero e filosofia era stato portato avanti nonostante il suo stilista e creatore Martin Margiela, stilista schivo anzi, lo stilista senza volto, ha abbandonato la scena vendendo la licenza del marchio a Renzo Rosso, il quale, di ironia ne sa parecchio.
Ora però ho perso il filo. Secondo quale folle momento o sotto quale tortura corporale Rosso ha deciso che la persona più indicata a portare avanti l’haute Couture di Maison Martin Margiela dovesse essere proprio lo stilista più frivolo, più checca e più esibizionista che esista nel ventaglio dei designer internazionali?
Mi sento delusa e affranta e temo di perdere tutta la stima verso un marchio che non porta nemmeno più il nome con cui lo distinguevo. Quando ho visto la sfilata dello scorso gennaio mi volevo mettere a piangere. Ho visto sgretolarsi vent’anni di innovazione e anticonformismo. Ho visto accozzaglie di stili in uno stesso capo, ho visto tulle, decori, scarpe con mega platform, ho visto tutto e di più ma non ho visto niente o molto molto poco di Maison Martin Margiela.
Per cui, l’unica cosa che mi sento di dire in questo momento di lutto e sconforto è: Anche NO! John.