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Il 2014 è stato l’anno più caldo mai registrato da ben oltre un secolo. Secondo i dati di JMA agenzia meteorologica giapponese, per riscontrare un livello simile a quello raggiunto nei passati 12 mesi si deve risalire al 1891.
Il riscaldamento risulta essere costante e, dato preoccupante, senza l’effetto ‘El Nino’, la temperatura globale superficiale è stata di 0,63 gradi oltre la media del Ventesimo secolo, la più alta in assoluto.

La Japan Meteorological Agency è la prima delle quattro principali agenzie del pianeta a rilasciare l’elaborazione dei dati sul riscaldamento globale relativo allo scorso anno. Abbiamo passato l’anno più caldo da quando sono iniziate le misurazioni meteorologiche, ma dal 1891 e il 2014 è solo l’ultima tappa: tutti i 10 anni più caldi sono stati registrati dopo il 1998.

Alcuni scienziati temono un ulteriore aumento addirittura a breve, molto prima delle attese. I forti alisei nel Pacifico hanno probabilmente avuto l’effetto frenante sulle temperature medie globali, consentendo all’oceano di immagazzinare più calore del previsto. Il loro indebolimento naturale porterà al rilascio del calore, a un passo più rapido.

L’NBC (emittente televisiva americana) ha fatto un approfondito speciale al riguardo, e le agenzie delle Nazioni unite si sono già mosse. Qualche mese fa l’Organizzazione meteorologica Mondiale (l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite) si era espressa negli stessi termini allarmanti, presentando un rapporto choc a Lima in occasione della ventesima Conferenza Onu sul clima.
“Il 2014 anno record assoluto di caldo – si poteva leggere nel rapporto – è dovuto fondamentalmente alle alte temperature mondiali, senza precedenti, sulla superficie del mare, che molto probabilmente si manterranno al di sopra della norma fino alla fine dell’anno”.

Qualcosa però si è messa in moto, addirittura nel mondo della finanza…si chiama: Divest Fossil Fuels.
Un movimento dal basso che ha mosso i primi passi negli Stati Uniti, diffondendosi soprattutto grazie alla mobilitazione degli studenti universitari.
Divest è il contrario di Invest, non investire in fonti fossili o meglio: non investire in società se il loro core business sono le fonti fossili.
Date un’occhiata al sito www.gofossilfree.org per vedere chi si è impegnato e chi ha espresso l’endorsement al movimento, troverete delle sorprese.

“We hope that the fossil fuel divestment movement can help break the hold that the fossil fuel industry has on our economy and our governments.”

 

I prezzi del greggio precipitati a cinquanta dollari al barile, destano parecchie preoccupazioni alle grandi compagnie petrolifere, ma da qualche anno ha preso forma un’altra preoccupazione alimentata da una critica che va dritta alle fondamenta del business del petrolio e delle fonti fossili di energia.
Alla presentazione dell’ultimo allarmante rapporto di Ipcc, il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici promosso dalle Nazioni Unite, lo stesso segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, ha sollecitato i fondi pensione e compagnie assicuratrici, i cosiddetti “grandi investitori istituzionali”, a ridurre gli investimenti in fossil fuels (le fonti fossili di energia, carbone, petrolio, gas naturale) a favore delle fonti rinnovabili.

A settembre erano stati addirittura i discendenti di John D. Rockefeller, fondatore della Standard Oil, una delle maggiori compagnie petrolifere del mondo, a dichiarare di voler dismettere gli investimenti in fossil fuels in capo al Rockefeller Brothers Fund (un fondo da 860 milioni di dollari di risorse).

A maggio l’Università americana di Stanford aveva formalizzato l’impegno a disinvestire il proprio patrimonio, oltre 18 miliardi di dollari, dalle società attive nell’estrazione del carbone.

Sono alcuni dei casi più noti di sostegno alla campagna per il “fossil fuel divestment”, il disinvestimento dalle fonti fossili.

Il contesto generale è la lotta, a tutti i livelli, al climate change, il cambiamento climatico ed anche Papa Francesco ha recentemente detto: «il tempo per trovare soluzioni globali si sta esaurendo».
Se vogliamo sperare di limitare gli effetti dei cambiamenti climatici, serve contenere l’innalzamento delle temperature terrestri entro i 2 gradi centigradi.

Si deve “decarbonizzare” l’economia azzerando nel lungo periodo l’utilizzo di fonti di energia fossili, principali responsabili delle emissioni di gas serra.
Per questo il movimento Divest Fossil Fuels chiede di:

  • congelare i nuovi investimenti in società quotate legate al business dell’energia fossile;
  • dismettere gli investimenti in essere entro 5 anni e dirottare le risorse verso le energie rinnovabili.

Si stima che gli impegni a disinvestire interessino già 50 miliardi di dollari di asset in capo a centinaia di università, fondazioni, organizzazioni religiose, Ong, enti locali e singoli individui.
Stati come Vermont e California hanno addirittura cominciato a discutere della possibilità di vietare per legge l’investimento in fossil fuel.
Al riguardo fa riflettere un dato diffuso all’ultima Sri Conference (The conference on sustainable, responsible, impact investing), principale evento Usa sulla finanza Socialmente responsabile: in un anno sono cresciuti di oltre il 50% i consulenti finanziari che hanno proposto portafogli d’investimento “fossil free”.

Dal web non è finita…ultimamente la terra parla con le voci di noti attori di hollywood. La campagna è: Nature is Speaking (www.natureisspeaking.org)

Julia Robert come madre natura, Herrison Ford si fa oceano, Kevin Spacey è foresta, poi…Edward Nordon, Robert Redford e altri.
Il manifesto della campagna, lo hanno chiamato Humanifest, dice: “nature doesn’t need people, people need nature”.
Il significato profondo lo svela nel cuore del manifesto quando dice: “la natura andrà avanti, non importa come. Evolverà”.

La domanda è…sarà con noi o senza di noi?

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