La Moda è morta, evviva la Moda!

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La moda è morta. O meglio, è morta la moda per come l’abbiamo concepita fino ad ora. Parola di Li Edelkoort. Ma chi è questa signora dal cognome quasi impronunciabile? Li è una anticipatrice di mode e tendenze. Trend forecaster, come dicono quelli bravi. Il suo sapere è stato spesso prestato a multinazionali del calibro di Coca Cola e Disney. Olandese di nascita, ma parigina d’adozione la Edelkoort è una simpatica (ma forse neanche tanto) donna di mezza età dai capelli improponibili ed una profonda e ricercata conoscenza della moda e di tutti gli universi ad essa collegati. I suoi testi sono considerati quasi sacri, tanto che Time nel 2003 l’ha inserita tra le 25 personalità più influenti del fashion system.

Negli ultimi giorni una sua intervista rilasciata al sito Dezeen ha fatto il giro del mondo grazie ad una serie di previsioni apocalittiche riguardanti la moda ed il suo futuro. “Possiamo tranquillamente annunciare la morte della moda. Almeno della moda con la M maiuscola – afferma l’autrice del The General Trend Book – La colpa è del marketing sempre più al servizio delle analisi finanziarie e non della creatività. Le stesse sfilate sono diventate la parodia di ciò che erano un tempo: quarantacinque minuti per arrivare alla propria sedia, venti di attesa e poi un misero show di soli dieci minuti con tutti gli ospiti che non fanno altro che stare al telefono o su internet. Ricordo ancora quando alle prime presentazioni di Thierry Mugler uscivano in passerella oltre 70 modelle per uno spettacolo che ci faceva applaudire con gli occhi gonfi di lacrime ed il cuore colmo di commozione”.

 

 

Le vena critica della Edelkoort si concentra poi anche sulle nuove generazioni di consumatori e di addetti ai lavori “Le scuole di moda oggi non sono più in grado di formare nuove leve. Tutto è incentrato sull’individualismo, mentre in realtà ciò di cui abbiamo bisogno sono dei lavoratori in grado di saper fare gioco di squadra, cosa che avviene in ogni disciplina tranne che nel nostro mondo. Inoltre oggi nessuno è più in grado di sapere lavorare i tessuti. I giovani studenti di moda non sanno nulla del processo di tessitura. Persino i consumatori preferiscono premiare le catene di fast fashion ed i loro prodotti destinati a finire nella spazzatura piuttosto che boicottare la cultura del basso costo a favore della qualità. Dobbiamo considerare la morte della moda come un’opportunità, come un momento per ripartire da zero e stabilire nuovi criteri e nuovi standard. Ci salveremo solo grazie alla sartorialità. Il consumatore moderno sarà in grado di crearsi il proprio guardaroba e scegliendo i propri tessuti grazie al couturier potrà avere in casa la propria versione di un abito Dior. Il ritorno della couture ci permetterà di diventare stilisti di noi stessi”.

Quindi se abbiamo ben capito, la moda è morta e la sua unica salvezza è rappresentata dalla moda stessa? Con tutto il rispetto nei confronti della signora Edelkoort, ci sembra che il pensiero non regga. E’ un po’ come quella storia dei normcore che per essere definiti tali devono comunque essere stati riconosciuti già da prima come persone alla moda, onde evitare di fare la figura degli straccioni. E’ tutto abbastanza contorto. Ed anche il prendersela con i consumatori e le nuove generazione perennemente connesse ci sembra un esercizio alquanto scontato e un pochino qualunquista. Se il pubblico di oggi si rivolge alle catene della grande distribuzione è forse anche per colpa di quella “cosa” chiamata crisi. Non è passato per la testa di questa famosa trend forecaster l’idea che le scelte cheap siano forse dettate dalla mancanza di soldi? Eppure in Europa non si parla di altro da anni. Per quanto riguarda i giovani di oggi, invece, forse è vero che sono sempre iperconnessi, ma lamentarsi di ciò attraverso un magazine digitale ci sembra un po’ un controsenso. “La moda è totalmente fuori dalla società odierna”. Eppure a noi sembra che fuori dalla società 2.0 non ci sia la moda, bensì chi si rifiuta di accettare che le nuove dinamiche sociali siano sempre più fluide, virtuali e connesse alla rete. E’ altrettanto vero (e qui siamo d’accordo con Miss Eldekoort) che sulla qualità e le competenze degli eserciti di blogger, instagramers e neo-esperti ci sarebbe molto da discutere. Ma in fondo questa è la modernità, bellezza. E non c’è nulla che puoi fare!

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