I cambiamenti di American Apparel

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Il cambio di stagione si preannuncia abbastanza corposo in casa American Apparel. Il passaggio tra inverno e primavera, questa volta, non riguarderà solamente il guardaroba, ma si concentrerà anche sul management aziendale. Messi via in soffitta maglioni, felpe, sciarpe, cappelli, un CEO ed un paio di direttori creativi, ecco arrivare linfa vitale da una nuova collezione e da nuove forze lavoro.

Tra tante novità c’è un nome che spicca su tutti ed è quello di Joseph Pickman come direttore creativo delle linee maschili. Tutto normale, direte voi. Un nome vale un altro. Si, se non fosse che Mr. Pickman arriva direttamente da Band Of Outsiders e rappresenta per AA un mossa da applausi. “Colpo grosso al Calciomercato” diremmo se fossimo all’Atahotel di Milano. In un momento poco florido per American Apparel, i recenti cambiamenti stanno a significare che c’è in corso una grossa rivoluzione all’interno della compagnia che ha sdoganato il “basic” come elemento glamour. Dopo che nello scorso dicembre Dov Charney è stato sostituito alla guida della compagnia da Paula Schneider e dopo i bilanci non proprio in attivo dell’azienda (meno 10,9% di vendite globali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), era giunto il momento di dare una svolta per ritirare su le sorti del brand nato in Canada nel 1989.

Un nuovo Ceo, un nuovo direttore Marketing, un addio alle precedenti menti creative (Iris Alonzo e Marsha Brady) ed un benvenuto a Joseph Pickman. Ecco la ricetta del nuovo (sperato) successo. Inizia ora la sfida più difficile per Pickman: passare da un brand che realizza abiti sartoriali e felpe da 400$ ad un altro i cui capi raramente superano i 100$ di cartellino. Riuscirà il nuovo creative director a trasferire in AA quel pizzico di brio che ha reso importante un brand giovane come Band of Outsiders? Ma soprattutto, sarà la volta buona che vedremo andare in pensione le magliettine, i calzini bianchi e gli shorts che hanno reso famoso, o infamous (cit.), American Apparel? Noi ce lo auguriamo. Al contrario degli stockholders a cui basterebbe vedere la propria compagnia di nuovo in crescita.

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