C’è tutto da imparare da Anthony McCall

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Seconda puntata, perché del LAC un po’ mi sono innamorata. Ed anche di Anthony McCall. Lugano, biglietto, piano -1, qui è tutto buio. Poi dei fasci di luce e qualcosa che sembra muoversi. Sono le quattro proiezioni dell’artista inglese, anno 1946, che ha una passione per l’irrealtà che si può afferrare, o per la realtà che ci sfugge. Le Solid Light Works, datate tra il 2003 e il 2009, con cui l’artista si presenta al LAC di Lugano sono fasci di luce nel buio in movimento che si proiettano su pareti e riempiono gli spazi illuminando gli impercettibili movimenti dell’aria. Sembra di toccare la luce, ci puoi anche camminare attraverso, una luce che si fa solida.

Ma la chiave di lettura di tutto è il tempo: il tempo del movimento, il tempo di chi guarda, di chi attraversa quella luce, di chi la afferra. È arte performativa, baby. Dove il reale dà il vero senso all’arte. McCall è talmente realista che dopo essere stato protagonista della stagione concettuale negli Anni Settanta, ha interrotto per trent’anni la sua attività artistica, per dedicarsi al graphic design. Insomma, si è cercato un lavoro serio, direbbero in molti. Ma poi è ritornato,  ultracinquantenne, servendosi e comprendendo le nuove tecnologie più di molti altri. C’è tutto da imparare da Anthony McCall. Avete tempo fino al 31 gennaio prossimo per non perdervelo.



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