Ya Basta Hijos de Puta: Teresa Margolles al PAC

2

Un macigno nello stomaco. Questa la sensazione che accompagna il visitatore quando torna a respirare all’aria aperta. Lo stesso macigno che si osserva abbandonato a terra, pesante, accanto alla foto di Karla, prostituta transessuale e protagonista di una delle installazioni di Teresa Margolles. Karla, con un pezzo di cemento come quello, è stata torturata, uccisa e dimenticata. Una morte che non conta nulla a Ciudad Juárez, in Messico, così come quella di innumerevoli transessuali e centinaia di ragazze scomparse e ritrovate poi morte, oppure non ritrovate mai più. Su questa inaudita violenza, su questa perpetua e ingiustificata sentenza di morte, si concentra l’attenzione dell’artista messicana Teresa Margolles, in mostra al PAC di Milano fino al 20 maggio con l’esposizione Ya Basta Hijos de Puta, curata da Diego Sileo. La sua opera è un’autopsia di denuncia: un urlo straziante che racconta il Messico, analizzando gli innumerevoli episodi di morte, odio e violenza generati soprattutto dalle guerre in atto tra bande di narcotrafficanti. Donne e bambine sono le principali vittime dell’odio, la furia che le colpisce è tra le principali protagoniste dell’opera dell’artista. Teresa Margolles, nata a Culiacán nel 1963, ha trascorso lunghi periodi della sua vita a Ciudad Juárez, una delle città di confine a nord del Messico tragicamente conosciuta per il suo essere teatro di continui conflitti tra narcotrafficanti e per l’alto numero di sparizioni e uccisioni di donne. Ed è proprio questa una della città simbolo che l’artista sceglie come luogo in cui condurre i visitatori dell’esposizione.

 

Varcata la soglia del PAC, un’installazione composta dagli specchi del Club RUV colpisce con un riflesso di luce: il visitatore è qui e ora, ma la sua immagine si riflette negli stessi specchi che hanno visto sfilare i frequentatori di questo club di Ciudad Juárez. Da Milano si viaggia nel quartiere a luci rosse La Mariscal, smantellato nel corso degli anni Novanta con l’obiettivo di risanare l’area. Rimangono oggi desolazione e prostituzione, le stesse che Teresa Margolles raffigura negli scatti Pistas de Baile; le fotografie gridano fiere contro il disinteresse dei media e delle istituzioni rispetto ai continui omicidi di donne e transessuali, taciuti e dimenticati. Il peso dell’oblio grava sull’esposizione e ne è esempio l’installazione La Búsqueda, dove i volti di ragazzine e bambine scomparse ondeggiano appesi alle lastre di vetro sporche di otto pensiline. ¡Ayúdenos a encontrarla! recitano fogli strappati e ingialliti, cresce il disagio nel visitatore mentre osserva queste lapidi in movimento. La morte è infatti la più ingombrante presenza e assenza della mostra, avvolge le installazioni e si manifesta in molte di esse attraverso l’uso degli oggetti; è un insieme di fili utilizzati per realizzare autopsie, è vapore, è sangue, è fango. Condiziona tutti i sensi del visitatore e il suo approccio allo spazio che lo circonda, ignorarla non è concesso.

Teresa Margolles mostra la violenza con l’intento di fermare il perpetrarsi di ogni sua forma. Attraverso un linguaggio espressivo crudo, capace di creare un senso di ripugnanza e rifiuto, l’esperienza messicana si traspone e arriva a incarnare la violenza su scala globale. Per questo la visita di Ya Basta Hijos de Puta è un’esperienza necessaria. È un percorso di formazione duro e terribile che arricchisce il visitatore di nuova consapevolezza. Con ogni installazione, scultura, video, l’artista sembra voler schiaffeggiare il suo pubblico, ne cattura completamente l’attenzione fino a demolire una delle barriere più imponenti del nostro tempo: l’indifferenza.

Prima di lasciare il PAC si è invitati a prendere una copia del manifesto, grigio come la pietra usata per lapidare Karla, che riporta la scritta Ya Basta Hijos de Puta. Una frase volutamente misogina che ricorda come la denuncia stessa della brutalità possa essere portatrice di violenza, anche attraverso le parole. Un ultimo invito a riflettere sulle forme in cui la violenza si manifesta ogni giorno, per riconoscerle e impegnarsi a dire basta una volta per tutte.

Photo: Nico Covre, www.pacmilano.it

SUBSCRIBE
Unisciti alla nostra mailinglist, sai che vuoi farlo.