Meet Andrea Benedetti

Oggi andiamo alla scoperta di Andrea Benedetti, fotografo, che ci ha colpiti per il suo ultimo progetto In Your Headphones, abbiamo deciso di farci quattro chiacchiere per capirne di più e scoprire qualche piccolo segreto. Buona lettura:

Presentazioni d’obbligo, chi sei e com’é nato In Your Headphones?

Sono Andrea Benedetti, nasco a Desenzano del Garda ma vivo la realtà milanese ormai da 5 anni. Ho una laurea in Comunicazione, media e pubblicità e mi occupo di fotografia e comunicazione.

Sono appassionato di fotografia e ci sto costruendo una professione, mi interesso molto di sociologia dei media, di musica, di arte e di qualsiasi cosa realizzata dagli esseri umani per dare un senso di bellezza alla nostra presenza sulla terra.

Questo progetto nasce sotto la doccia ma in realtà è la lunga gestazione che corona un percorso sia di studi che interiore.

Mi rispecchia molto in quanto faccio quello che mi piace, scattare foto, la musica e ascoltare le storie delle persone. Ho avuto diverse fonti di ispirazione; Humans of NY è una di queste, un giovane ragazzo che ha deciso di mollare tutto per andare a vivere a new york e raccontare le storie dei Newyorkesi, riuscendo con una sensibilità incredibile a tirare fuori da perfetti sconosciuti qualcosa di veramente profondo.

Subway book review è un altro progetto interessante, di questa ragazza, sempre di new york, che scatta foto ai lettori che incontra in metropolitana mentre stanno leggendo e si fa raccontare brevemente la trama del libro piuttosto che le sensazioni che provano leggendo.

Il mio pensiero si è subito tramutato sulla musica, quella cosa che accomuna tutti (e se qualcuno non ascolta musica, beh allora diffidate di quella persona.)

La mia è una grande scommessa, in quanto è molto difficile far appassionare le persone ad un racconto fotografico e di immagini sui social network, dove la fruizione è veloce e poco di cuore e soprattutto non sono di New York 😉 ogni mio viaggio è una possibilità per scattare persone, non voglio limitarmi a Milano ed è per questo che ho deciso di raccontare le storie in inglese.

C’è una canzone più delle altre che ricorre in questo progetto?

È molto improbabile che una canzone si ripeta. Esiste talmente tanta musica che se due persone dovessero avere in comune una canzone non avrebbero in comune le motivazioni della scelta.

Questo progetto è anche un po’ un indagine sociologica, trovi volti, stili, emozioni legate a musiche, generi diversi.

Prossimo step?

Il prossimo step è continua a condividere storie, appassionarmi e appassionare sempre più persone, raccogliere sempre più volti e storie e chissà magari un girono fare una mostra, un libro, una festa. Mi piacerebbe fotografare gente della musica, che vive di questo, giorno dopo giorno, ma allo stesso tempo non voglio perdere tutto il resto, una persona qualsiasi. Sempre il giusto mix, non c’è un target o un limite di persone.

Quanti di loro cantava durante l’ascolto?

Guarda le persone fanno di tutto, io chiedo solo di perdersi nell’ascolto e di fare finta che non esista. C’è chi canta, chi balla, chi si imbarazza ma poi si lascia andare, chi si emoziona e fa anche scendere qualche lacrimuccia. Il potere della musica.

Un tuo selfie mentre ascolti una canzone e che canzone è?

Fin dall’inizio mi sono chiesto che canzone scegliere se mi proponessi da solo questo progetto e non avrei una risposta, è forse anche per questo motivo che lo faccio.

La cosa che mi colpisce sempre è la facilità di quasi tutte le persone nell’arrivare a trovare subito la canzone, molti non ci pensano nemmeno su, sanno già la risposta, come se fosse qualcosa di tatuato dentro di loro.

Una domanda che vorreste vi fosse fatta e a cui rispondere.

Una domanda interessante potrebbe essere sul perché svolgere un progetto fotografico sui social network?

Sinceramente ho deciso di condividere questo mio progetto sui social per il semplice fatto che, banale sottolinearlo, il mondo si è completamente convertito alla rete. Tutto è li, tutti vogliono essere li, tutti vogliono avere il loro spazio, la loro finzione, il loro business, i loro amori in una nuvola in cloud o dentro un app.

Non sono un millenials ma quasi, sono della generazione che li capisce anche se non è nata con quelle skills fin dai primi mesi, ma non mi sento di criticarli, penso sia più intelligente analizzare la situazione e agire in base alle proprie sensazioni.

E’ ridondante sentire la storia che siamo assuefatti dalla condivisione, dall’essere social, dai blogger ecc… e siccome il mondo si è sdoppiato, il mio obbiettivo non è quello di combattere contro i mulini a vento, di dire che si stava meglio quando si stava peggio, ma è quello di entrare a far parte del gioco con qualcosa di emozionale, che possa, nel suo piccolo, migliorare la qualità dei contenuti che si trovano on line. Io sono qui ed ora e l’unica cosa che posso fare è trovare qualcosa di bello, di interessante, di emozionante da condividere con le persone così magari quando sono in metropolitana e vedo tutta quella gente sugli smartphone, sapere che forse uno di quelli sta leggendo le storie delle persone che incontro o guardando le foto che scatto, mi rende felice.

Andrea Benedettimeet