Come si cucina un’aragosta grande come un maiale?

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È di recente uscita il lavoro dell’esordiente Katia Bonini che con la sua raccolta di racconti “Come cucinare un’aragosta grande come un maiale” rende ben chiare le sue intenzioni fin dalla copertina: come si può affrontare un soggetto che non esiste?

Con una nota introduttiva che si fa beffa dello stereotipo secondo il quale essa debba riassumere e/o chiarificare il pensiero dell’autore, Bonini si addentra, in maniera quasi cinematografica, in un mondo pieno di dettagli, a primo acchito quotidiani ed insignificanti, ma che contribuiscono a trasportare i personaggi ed il lettore stesso in un labirinto di domande irrisolte, di situazioni surreali, di sogni e di realtà fittizie.

Quivi si incontrano mitomani, eroi fai-da-te, fautori di riti apparentemente barbarici, falsi dei, travestiti.

La divisione in capitoli è una scelta curiosa visto e considerato che le storie non sono collegate l’una con l’altra se non dalle tematiche: la tradizione, il tempo, una vocina che, in maniera più o meno implicita, guida gli esseri umani e li giudica.

Anche la decisione di far chiudere la raccolta ad un personaggio della stessa risulta interessante: il protagonista di “Clessidre che rubano l’acqua” (unico racconto armato di titolo convenzionale mentre tutti gli altri sono caratterizzati da numeri) chiude il libro che ha sulle ginocchia e, subito dopo, l’opera ha fine. Come un maestro d’orchestra, Raffaello conclude e fa calare un silenzio carico di ambiguità. Nonostante non tutti i racconti siano in grado di essere altamente evocativi e risultino a volte troppo concisi, l’autrice è capace di trasmettere delle emozioni, di guidare, seppur per poco, il lettore in allucinazioni lucide di un mondo contemporaneo colmo di contraddizioni.

Edito da Altromondo Editore

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