Street Art.21 – Episodio 1: “La difesa dell’ambiente”

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Oggi inauguriamo una nuova rubrica che tornerà ogni 21 del mese, ovviamente alle ore 21.21.

Perché 21?
Perché 21 è l’articolo della Costituzione Italiana che garantisce il “diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”

In questa rubrica spazieremo nel vastissimo mondo della “street art” di ieri e di oggi, affrontando ad ogni puntata una diversa tematica. Vi proporremo con poche parole ma con molte fotografie come i principali esponenti di questa forma di espressione hanno affrontato il tema.

Per la prima puntata abbiamo pensato di sposare la causa ambientalista, nella gallery troverete le opere che trattano il problema della cementificazione che comporta l’impoverimento sempre maggiore di aree verdi nelle nostre città, l’abbandono indiscriminato nell’ambiente di ogni tipo di rifiuto, talvolta anche tossico.

Nella nostra gallery non poteva mancare l’esponente principale della street art Banksy, tornato alla ribalta dopo la nomination all’Oscar del suo documentario dal titolo “Exit through the gift shop”, recensito anche dai ragazzi di Chicken & Broccoli su FrizziFrizzi. L’Oscar non è arrivato, ma la notizia ha fatto tornare alla ribalta il mondo della street art.

Il graffito ambientalista sulla discussa diga a Matilija in California comparso nelle prime settimane di settembre. L’autore non si conosce ma si pensa sia opera della coalizione di ambientalisti che lotta contro questa imponente opera dal 1947, anno di costruzione della stessa.

L’opera di Anna Garforth, designer londinese, considerata la regina degli “eco-graffiti”. Il suo stile chiamato “Mossenger”, unione delle parole moss (muschio) e Messenger (strumento di comunicazione istantanea) si caratterizza perchè è realizzato attaccando, con una colla naturale a base di yogurt e zucchero, il muschio alle pareti realizzando in questo modo un’opera viva.

Opera di Hanksy lo stencil sulla spiaggia di Brighton, la cui particolarità è realizzare “graffiti” fatti di materiali al 100% biodegradabili, e che per questo motivo, il più delle volte sono destinati a scomparire nel giro di qualche ora o di qualche giorno. Di quest’opera e di molte altre realizzate dall’eco-graffitaro se ne è occupato il Times inquadrando le sue opere nella categoria così detta land-art ovvero quell’arte che utilizza gli elementi naturali come materiali specifici dell’opera.

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