Stiamo perdendo il piacere delle parole, quelle scritte ma anche lette. Persi nel tempo e dall’incapacità di toccarle nuovamente su carta; però esistono progetti che partono dal web e finiscono per essere stampati e rilegati per comporre 10 numeri. Vista così già mette curiosità ma se si aggiungono anche le persone coinvolte si comprende maggiormente la qualità e l’impegno per il lavoro svolto. Dimenticavo di dirvi che oggi parliamo di: Bootleg e questa é l’intervista fatta ai suoi autori:

[column grid=”3″ span=”1″]Ciao, chi c’è dietro a Bootleg e come mai questo nome?
[/column] [column grid=”3″ span=”1″]Cristian Confalonieri, sono co-fondatore di Studiolabo, uno studio che si occupa di comunicazione in senso allargato, siamo consulenti strategici su commissione ma anche autori di progetti come fuorisalone.it e Brera Design District.
[/column] [column grid=”3″ span=”1″]Paolo Peraro, mi occupo della creazione di format per l’apprendimento e la comunicazione, lo faccio nell’azienda che ho fondato (Hook) e nel laboratorio Beta dell’Università Bocconi.
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[column grid=”2″ span=”2″]Cosa rappresenta oggi l’editoria?
[/column] [column grid=”2″ span=”2″]CRISTIAN CONFALONIERI:
Rappresenta un “vecchio” modello. L’editoria deve cambiare il modo di “pensare il libro” ma questo ovviamente non avverrà grazie ai “grandi” editori, che essendo delle macchine enormi per forza di cose faticano a cambiare paradigma.Mi aspetto, dalle piccole case editrici, prodotti integrati con i diversi media a disposizione. Credo fortemente che il libro per alcune caratteristiche sia insostituibile, ma non deve “lottare” con gli altri media, deve integrarsi, convivere e valorizzare le proprie caratteristiche più intime. Per esempio un contenuto (la biografia di Picasso o l’ultimo romanzo di stephen king) potrei esplorarlo e approfondirlo leggendo un libro, guardando un video su youtube, scrivendo dei commenti su facebook, o leggendo delle pagine web sullo smartphone, e potrei farlo in successione o alternando in base ai luoghi in cui mi trovo. Il contenuto non sarà lo stesso, riportato sui diversi media, ma sarà dedicato a quel media e a quella specifica fruizione. Esistono già notevoli esempi che vanno in questa direzione e che sfruttano anche tecnologie in realtà aumentata e geo-localizzazione.
Bootleg è un piccolo esperimento che va nella direzione di “progettare la nascita” di un libro e rendere questa “nascita” già parte integrante del libro stesso.
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[column grid=”3″ span=”1″]Il vostro progetto parte dal digitale ma comunque avrà una versione cartacea, come mai questa scelta?
[/column] [column grid=”3″ span=”1″]CRISTIAN CONFALONIERI: pensiamo che la “forma libro” sia la più adatta ad un contenuto immersivo, che richiede tempo e impegno e poche distrazioni. Nei due saggi introduttivi sul primo bootleg spieghiamo, usando le parole di Nicholas Carr, quanto internet (e gli e-book), siano una tecnologia della distrazione. Non c’è niente da fare, il nostro cervello vuole a tutti i costi cliccare quel link del menu o fare una ricerca su google o cambiare canzone di sottofondo da itunes, e non gli basta farlo adesso, lo vorrà fare anche tra qualche minuto e cosi all’infinito. Quindi il libro serve a star lontano dai link e dalla distrazione con cui la tecnologia imbocca il nostro cervello.
Questo non significa che il libro non possa essere integrato in un sistema ampio che impieghi internet, video e quant’altro come spiegato nella risposta precedente.
[/column] [column grid=”3″ span=”1″]PAOLO PERARO: In realtà noi spingiamo il lettore a stampare e leggere su carta anche i numeri di Bootleg disponibili online. Recentemente ho avuto l’onore di parlare a un TEDx, il progetto globale il cui payoff è “Idee che vale la pensa diffondere”; ecco per me i saggi di Bootleg sono “idee che vale la pena stampare”, l’esatto contrario del messaggio di ecosostenibilità contenuto in calce a molte mail (“stampa questa mail sono se strettamente necessario”)
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[column grid=”2″ span=”2″]Che sapore hanno le parole in Bootleg?
[/column] [column grid=”2″ span=”2″]PAOLO PERARO:
Nella nostra intenzione ne hanno molto dato che sono l’unica cosa su cui possiamo contare. Seguendo la filosofia del progetto non facciamo uso di altro se non di testo. Evitiamo video, immagini, lettering grafici, tutto ciò che nella comunicazione attuale è progettato per attirare l’occhio umano.I saggi di Bootleg, formati da soli mappazzoni di testo non sono per niente attraenti, sono anzi respingenti. Il lettore che supera queste barriere all’ingresso è quindi fortemente motivato a immergersi ed approfondire il contenuto.
[/column] [column grid=”2″ span=”2″]Cosa rappresenta per voi la condivisione?
[/column] [column grid=”2″ span=”2″]PAOLO PERARO:
Rappresenta la base della creatività e della progettualità della nostra epoca. Tutto ciò che creiamo è l’interpretazione di una o più cose che abbiamo visto o vissuto.Per questo sono dell’idea che non bisogna avere remore a condividere, rimettendo in circolo il nostro contributo in un gioco a somma zero.
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[column grid=”2″ span=”2″]Questo esperimento continuerà anche oltre i 50 saggi?
[/column] [column grid=”2″ span=”2″]PAOLO PERARO:
E’ difficile dirlo. Nel suo progetto iniziale Bootleg intende chiudersi dopo la pubblicazione del libro, però è anche un progetto in divenire e la sua strada è influenzata dalle reazioni e spunti di lettori e autori. Magari si moltiplicherà, magari diventerà una collana di videocassette. O magari un calesse. Non si può rispondere ora. CRISTIAN CONFALONIERI: essendo un esperimento non sappiamo nemmeno noi quali risultati raggiungeremo, ma l’obiettivo di far scrivere 50 persone è già una impresa di non poco conto!
[/column] [column grid=”2″ span=”2″]Una domanda che vorresti porvi e che non abbia una risposta.
[/column] [column grid=”2″ span=”2″]PAOLO PERARO: Me l’avete già fatta voi, è quella precedente!
CRISTIAN CONFALONIERI: Perchè vi siete “impelagati” in questa impresa?
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