Le 7 ragioni per cui anche tu sei una vittima del social-cordoglio™

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Sono tanti, molti di più. Ma ho provato a sintetizzarne almeno 7. Sono i motivi per cui tutti siamo stati almeno una volta vittime del social-cordoglio. Persino tu.
E ci siamo sentiti in diritto, anzi in dovere, di condividere. Di celebrare. Di gridare rest in peace.

In questa lista (fonte Corriere.it) i 50 grandi personaggi che ci hanno lasciato nel 2013 e che ci hanno fornito il nostro status quotidiano.

1 – Le so tutte

Tu sì che sai cogliere l’attimo. Chi era Orazio, al tuo confronto. E chi era soprattutto Clarabella. Stai iniziando a sapere tutto prima dei tuoi amici. A volte addirittura prima che succeda. E poi se non è successo, cosa cambia? “Credere una cosa reale rende reali le sue conseguenze”. Le tue fonti sono originali, innovative. Macché Repubblica, il Post, BuzzFeed. Tu vai su notizieimpossibili.org. E tra una teoria cospiratoria e l’altra, ecco scatenato il tuo orgasmo da sharing. Ciao Califfo. Tutto il resto è noia.

2 – Chissà cosa penserai tu

Alla fine è l’unico motivo per cui scrivi. Sperare che ti legga qualcuno. La tua ex, il tuo amante, il tuo peggior nemico. Collezioni likes per riscaldare l’inverno e per rendere meno traumatico l’inesorabile arrivo delle 17 della domenica. Così improvvisamente sei diventato persino un fan di Mandela. Per un attimo hai chiuso un occhio su cosa avrebbero detto i tuoi compagni di Curva. Dopotutto il suo funerale lo hanno fatto in uno stadio, hai pensato. Un po’ meno comprensibile la tua improvvisa passione per Margaret Thatcher. “Ma non era quella di X-Factor?”. 

3 – Il senso di colpa

Puntuale come un servizio di Studio Aperto sull’ultimo bikini di Rita Rusic a Miami, si fa strada il senso di colpa. Lo fa alla sua maniera, con quella capacità di farti sentire grigio e piccolo, come solo i motori del mondo sanno fare. “Chissà se fra trent’anni avremo ancora questi miti”, stai pensando. Con quella faccia un po’ così, che abbiamo noi che siamo stati su Wikipedia.

4 – Se ne vanno sempre i migliori

Lo hai immaginato con Chavez, vuoi non pensarlo con Little Tony? Non fosse per quella volta in cui l’hai ballata pure tu, “Cuore Matto”. Era il disco delle 3.59, dopo il trenino e poco prima che si accendessero le luci del locale, e ti sputassero in faccia quant’è cruda la vita. Corri su YouTube e sali sul carro del social-cordoglio. Dimmi la verità, perché la veritaaaaaà, tu non l’hai detta mai.

5 – Una questione di reputation

L’algoritmo di Google ti vuole bene, soprattutto se dimostri di sapere qualcosa. E’ quasi meglio del tuo partner, anche perché non devi nemmeno parlare dopo la prestazione. Tra una citazione di Jannacci e una di Lou Reed stai salendo di ranking in modo vertiginosamente malinconico. Se continua così non dovrai nemmeno leggere le alette di un libro per fingere di sapere qualcosa. La vità non è bella, ma è tremendamente cool.

6 – Essere quasi felici

Altroché la primavera Araba, noi il futuro ce l’abbiamo nell’hashtag. La tua protesta è vera solo se wifi. Il divano è sufficientemente elastico per sparare sentenze e omaggiare le celebrità come solo i radical-chic sanno fare. Devi solo sperare che non succeda nulla quando sei dallo psicoterapeuta. Ma hai già pronto lo status da diverse ore: lo pubblicherai stasera. Poi fuori con il retino a catturare i mi piace. Tutti penseranno che sei proprio tu. Penseranno che sei davvero felice.

7 – Se lo fanno tutti ci sarà un motivo

Chi sei tu per non sentirti un po’ astrofisico stasera e salutare Margherita Hack come solo le stelle sanno fare? Guardati attorno e scegli la cometa giusta. Se solo ce l’avessi avuto in spiaggia quella sera, il tasto destro del mouse.

Una cosa è certa: senza Mandela avremmo avuto un mondo più triste. Ma anche i tuoi biglietti di Natale sarebbero stati più anonimi.

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