Jodorowski’s Dune: la materia dei sogni

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Immaginate: un film di fantascienza con protagonisti Orson Welles, Salvador Dalì e Mick Jagger. Musiche dei Pink Floyd. Costumi, set e astronavi disegnati da Moebius e H.R. Giger. Un sogno? No, poteva essere realtà.

Lo fu per due anni di pre-produzione, tra il 1974 e il 1976, quando al regista cileno Alejandro Jodorowski venne chiesto, da un consorzio francese che ne aveva comprati i diritti cinematografici, di realizzare un film ispirato a Dune, di Frank Herbert.

Jodorowski, già autore di due film di culto underground, grondanti LSD, come El Topo e La montagna sacra, si dedicò anima e corpo al progetto: una sceneggiatura alta come un elenco del telefono (durata prevista 14 ore); centinaia di pagine di storyboards realizzati da Moebius (all’epoca stella nascente del fumetto francese, sulla rivista Metal Hurlant) e Giger (in epoca pre-Alien); l’intenzione di creare un’opera mai vista prima, qualcosa che potesse cambiare non solo la storia del cinema ma, addirittura, la coscienza umana.

Tanto? Troppo? Con due milioni di dollari (degli otto totali di budget) spesi in pre-produzione, il progetto finì in un cassetto. Ce lo racconta il documentarista Frank Pavich in Jodorowski’s Dune, viaggio straordinario all’interno del più grande film immaginato e mai realizzato.

Per convincere Orson Welles a essere il Barone Harkonnen Jodorowski gli promise la presenza sul set del suo chef preferito, tutti i giorni per la durata delle riprese. Dalì, che doveva vestire i panni dell’Imperatore della galassia, chiese 100.000 dollari all’ora. Gli furono garantiti. L’unico a lavorare quasi gratis doveva essere il figlio di Alejandro, Brontis, nel ruolo di Paul Atreides.

Come tutti sappiamo nel 1977 il mondo della fantascienza fu stravolto dall’uscito di Guerre Stellari. Solo nel 1985 arrivò al cinema una versione di Dune: quella diretta da David Lynch e prodotta da Dino De Laurentiis.
Utilizzava alcuni dei disegni di Giger realizzati dieci anni prima ma resta profondamente lynchiana, ovvero confusa e angosciante.

Come sarebbe cambiata la nostra immaginazione se il kolossal del folle Jodo (così lo chiamano gli amici) fosse nato? Impossibile dirlo: sfidiamo i nostri lettori a restar seduti per i 125 minuti di felliniana follia splatter western di El Topo.
Chi ce la farà forse rimpiangerà di non poter vedere questo Dune. Altri si convinceranno che forse è meglio così: che sia rimasto un sogno e come tale puro. Come una fiala di LSD.

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