L’uomo di oggi non è quello che credete. Apre così la mostra al Palazzo Ducale di Genova che celebra il 150° anniversario della nascita di Edward Munch. Non un capolavoro, se devo essere sincera, una mostra un po’ in corner con prestiti buoni ma non eccelsi, vari ma sparpagliati. Ciò nonostante, davanti ad Edward ci si inchina, ci si ammutolisce, si piega la testa di fronte alle sue tele (e ci si perde anche per buoni venti minuti). E ci si vede passare tutta la vita davanti. Perché Edward Munch parte dal traguardo. Cosa significa? Che lui parte dal punto in cui tutti arrivano: l’anima umana.
Sì, una formazione ce l’ha anche lui tra esperimenti naturalistici e impressionisti prima, ispirazioni al maestro Van Gogh poi, ma l’artista norvegese inizia dalla sua prima esposizione ad andare controcorrente. Sarà che inizia presto a soffrire di una malattia degenerativa agli occhi che gli provoca allucinazioni, o solamente che ci arriva prima degli altri, Munch legge la realtà attraverso la chiave di lettura emozionale umana. L’intera società, i grandi cambiamenti in atto e gli squilibri umani si leggono attraverso urla, mirabili ritratti che escono dalla tela, torbidi vampiri. Munch traduce su tela questa sua paura della vita, un malessere che aspira a dare una forma alla carne umana, al suo sentire, al suo vivere. Per cosa siamo nati? Edward sicuramente per rendere eterne l’immagine dell’anima.