L’arte contemporanea spiegata a tuo marito

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“Leggilo se: non vuoi farti beccare impreparato se decidi di scroccare un aperitivo al prossimo vernissage in Triennale. Non leggerlo se sei un critico tutto d’un pezzo e pensi che sull’arte ci sia poco da scherzare”.

Bisogna avere l’humor giusto per parlare di arte contemporanea, per parlare di statue floreali di cani alte dodici metri, di merde in barattolo, di orinatoi in mezzo alla sala e di quelli che si fanno sparare e riprendono tutto in un video. Bisogna avere l’humor di Mauro Covacich che ‘scarica’ le colpe su un marito svogliato e crea una guida – utilissima – sul potere dell’essenziale quando si parla, si guarda, si vive di arte. Da una parte una moglie saputella e appassionata, dall’altra un marito che rappresenta l’immaginario collettivo della società di fronte all’arte contemporanea, quell’immaginario del “beh, lo so fare anch’io”: questo è quello che troverete nel libro di Covacich “L’arte contemporanea spiegata a tuo marito”, appunto.

La questione non è se è bella o brutta – l’arte contemporanea non ha come scopo la bellezza, bensì la verità -, la questione è: perché ci piace una cosa che non dovrebbe piacerci? Perché ne siamo attratti, perché dobbiamo capire cosa sta dietro, non possiamo guardarla e basta?

Covacich, che non fa lo storico dell’arte nella vita ma il filosofo, queste domande se le è fatte come noi e, senza un briciolo di presunzione, scrive un libro che sì, parla di arte, ma più che altro ne crea un invito per guardare alla sostanza delle cose.

Insomma, una sorta di libretto d’istruzioni per aiutare al dono della sintesi anche noi storici dell’arte che siamo famosi per essere prolissi e barbosi, ora non resta che lavorare sulla ricerca di un marito.

 

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