DIGITAL DIARY: CAN’T FORGET MANTOVA

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Mantova mi ha sempre fatto pensare a 3 cose: Virgilio, i tortelli alla zucca e il Festival della Letteratura. Ma la conoscevo davvero poco e come succede molte volte non mi ero ancora accorta delle cose belle che avevo sotto al naso.

Questa nuova avventura firmata dall’agenzia di produzione cinematografica Can’t Forget Italy, con la collaborazione di Pomilio Blumm e Terre di Mantova mi ha dato la possibilità di scoprire un piccolo grande tesoro. Con BoBos abbiamo partecipato ad un nuovo capitolo dei Digital Diary sparsi per l’Italia: narrazioni collettive animate e filtrate da giovani provenienti da tutto il mondo, videomaker, blogger, fotografi, instagramer o semplicemente nomadi digitali, definizione che mi è piaciuta molto e che potete trovare sul sito di cantforget.It(aly). Insomma, nuove formule di promozione del territorio che vogliono raccontare in modo inedito, multicolore e sinergico.

Uno spaccato molto interessante ve lo ha già regalato Anastasia, parlandovi della meravigliosa Sabbioneta.
Le cose viste, vissute, mangiate, bevute, pensate sono state davvero tante. Ho partecipato a 3 giorni di DigitalDiary e non riuscivo proprio a decidere cosa e come raccontarvi. Alla fine ecco qui una specie di breve vademecum personale su Mantova, una sorta di galleria didascalica. Vi avverto: passerò dal sacro al profano con una certa disinvoltura.


A come Ana Sampaio Barros: originaria di Lisbona, oggi vive e lavora a Vienna come architetto. Anche lei a Mantova per raccontare. La vedete qui sopra vestita di nero, intenta a fare una cosa che sa fare benissimo. Non vi dico nient’altro se non di andare a cercarla su Instagram: anasbarros.


B come bonsai: quelli che abbiamo visto in una straordinaria collezione privata a Castellaro Lagusello, il borgo con il lago a forma di cuore a pochi chilometri da Mantova, oggi riserva naturale, che dai Visconti passò ai Gonzaga ed infine alla Repubblica di Venezia.


C come cappone che viene ancora cucinato secondo una ricetta antichissima di Bartolomeo Stefani (1622), cuoco della famiglia Gonzaga. Ne abbiamo assaporata un’interpretazione deliziosa alla Locanda delle Grazie di Curtatone.


D come Duomo, sul lato destro di Piazza Sordello, edificato nel XIII secolo sui resti di un piccolo tempio e nel 1545 ristrutturato all’interno da Giulio Romano. Un edificio bizzarro che fonde ben 3 stili differenti: la facciata è neoclassica, il fianco sinistro è gotico e il campanile è romanico.


E come “E alla fine la camera degli Sposi non l’abbiamo vista”. Chiamata anche Camera Picta è uno dei capolavori assoluti del Mantegna. Racchiusa in una delle 4 torri del Castello di San Giorgio, costruito intorno al 1400 da Bartolino da Novara. Purtroppo queste aree, dopo il terremoto di due anni fa, sono ancora chiuse al pubblico. A breve è prevista la riapertura delle visite.


F come Festival della Letteratura che quest’anno si terrà dal 3 al 7 Settembre con la sua XVIII edizione. Uno degli appuntamenti culturali più attesi di Mantova che attira ogni anno scrittori, giornalisti, artisti e lettori provenienti da tutto il mondo. Un mosaico di eventi, reading, concerti, spettacoli e incontri con gli autori. Al centro di tutto la Letteratura.


G come Grazie, quelle del Santuario di Santa Maria che appunto si trova in località Grazie a Curtatone, sulla riva destra del Mincio, a 9 chilometri da Mantova. Un edificio costruito nel 1399 per volere di Francesco I Gonzaga come voto alla Madonna. Due chicche?! Appeso al centro della navata c’è un coccodrillo imbalsamato, simbolo demoniaco che viene incatenato e quindi reso innocuo trasformandosi in monito per i fedeli; invece sul sagrato della chiesa a Ferragosto si svolge il concorso nazionale dei Madonnari, che dipingono soggetti sacri sul selciato con la tecnica del gessetto.


H come quella che non c’è nel Te di Palazzo Te. Iniziato nel 1525, ispirato alla villa romana antica diventa espressione massima del manierismo rinascimentale europeo e fonde il gusto di Federico II Gonzaga (figlio di Isabella d’Este) e l’arte di Giulio Romano. Bellissimo il giardino con esedra e le sale interne, quella dei Cavalli, la Camera di Amore e Psiche e la Sala dei Giganti. Nell’immagine qui sopra è riprodotta la parete del banchetto che si trova nella Sala di Amore e Psiche, la sala da pranzo del duca completamente affrescata. Il tema è tratto dalle Metamorfosi di Apuleio.


I come Isabella d’Este, una delle donne più importanti e affascinanti del Rinascimento Italiano. Qui la vediamo raffigurata di profilo in un disegno preparatorio di Leonardo da Vinci. A 16 anni Isabella sposò Francesco Gonzaga, lasciò dunque la sua Ferrara per trasferirsi a Mantova. Donna di cultura straordinaria, musicista e appassionata di scacchi, diede vita ad una corte pullulante di letterati e artisti, tra cui Ariosto, Baldassarre Castiglione, Raffaello, Mantegna e molti altri. Sarò esagerata, ma passeggiare tra le stanze dei suoi appartamenti vedovili nel Palazzo Ducale ed entrare nel suo Studiolo mi ha fatto emozionare un po’.


L come Leon Battista Alberti, che nel 1460 progetta la Chiesa di San Sebastiano, oggi adibita a famedio dei caduti partigiani. Un edificio solenne, base di molte riflessioni architettoniche rinascimentali. Dal 1472 invece l’Alberti inizia la costruzione della Basilica di Sant’Andrea, a navata unica centrale con grande volta a botte, espressione straordinaria del suo genio rinascimentale. La basilica venne completata da Luca Fancelli nel 1494. In questo scatto in bianco e nero vedete la cupola di 80 metri, disegnata da Filippo Juvara a metà Settecento.


M come mostarda, quella mantovana è piccante e la tradizione la vuole con le mele cotogne, anche se la si può trovare in più versioni. Le prime notizie riguardo questa frutta senapata risalgono al XV secolo, quando già Maestro Martino ne scrive nel suo De arte coquinaria. Viene usata per condire i tortelli di zucca, per accompagnare i lessi di carne o qualche scaglia di Grana Padano o Parmigiano Reggiano .


N come ninfee, quelle stupende che ricoprono gli specchi d’acqua intorno a Mantova, circondata da ben 3 laghi: il Superiore, Il Lago di Mezzo, l’Inferiore; ne esisteva un quarto, il Paiolo, prosciugato nel ‘700 e trasformando la città in una penisola. Anche se probabilmente in queste zone esisteva un lago di origine naturale, l’assetto odierno è il risultato di un progetto idraulico, avviato nel 1190 dall’Ingegner Alberto Pitentino, di origine bergamasca. Dal 1984 i tre laghi fanno parte del Parco del Mincio.


O come orologio astrologico: quello di Piazza delle Erbe è di difficile lettura ma di grande effetto scenografico, muove le ore, le fasi lunari, l’equatore celeste, i pianeti e i segni dello zodiaco. Piazza delle Erbe direziona poi lo sguardo verso alcune chicche di Mantova: il Palazzo della Ragione (1250), la torre dell’orologio appunto, la Rotonda di San Lorenzo (1082) e la Casa del Mercante.


P come Palazzo Ducale, che dal 1328 al 1707 fu residenza dei Gonzaga; una reggia di 34.000 metri quadrati che si articola in appartamenti, vie, cortili. Centinaia di veri e propri tesori come la stanza col celebre soffitto del Labirinto, lo straordinario appartamento vedovile di Isabella d’Este, la Sala di Troia, l’appartamento degli arazzi Raffaelleschi, le Stanze del Pisanello. Abbiamo avuto modo di scoprire aree del palazzo di solito chiuse al pubblico, come la grande sala dell’armeria, un capolavoro di “loft” del XIV. Qui sopra vedete una delle grandi finestre di questa sala, da cui si poteva ammirare una prospettiva speciale su tutta piazza Sordello e sul Duomo.


Q come Quistello, Cantina Sociale produttrice di Lambrusco Mantovano D.O.C. Il lambrusco è un vino che si abbina alla perfezione con piatti succulenti come il cotechino, ottimo anche con i tortelli di zucca. Ma vi assicuro che risulta molto piacevole anche con una bella grigliata di carne o delle tigelle con salumi. Lo abbiamo degustato sia nella sua versione rossa che il quella più particolare rosata.


R come risotti che nella cucina mantovana spopolano, anche perché di Mantova è proprio il riso vialone nano. La versione più caratteristica è il risotto alla pilota (secondo l’uso degli antichi pilatori del riso), condito con macinato di maiale e pontèl, ovvero costine di maiale.


S come Simon Straetcker: lui è il video maker del nostro digital diary mantovano. Non mancheremo di segnalarvi il video realizzato, traccia e risultato finale di questa bella storia. In questa foto lo vediamo impegnato sui tetti di Palazzo Castiglioni.


T come TEATRO di Bibiena, chiamato anche Teatro Scientifico, perché fu ideato non solo per spettacoli ma anche per sperimentazioni scientifiche. Un piccolo gioiello ligneo, foderato di velluto rosso e circondato da palchetti, che venne inaugurato nel 1769 da un giovanissimo Mozart.


U come “Una Meraviglia di Monastero”. Scusate, ma questa storia dell’alfabeto a volte non mi fa tornare i conti e del Complesso Monastico Polironiano non posso non parlare. Siamo al centro di San Benedetto Po (che un tempo si chiamava Polirone perché qui scorrevano due fiumi: il Po e il Lirone; il secondo oggi lascia solo qualche traccia nella toponomastica). Il Monastero venne fondato nel 1007 da Tedaldo di Canossa, nonno della contessa Matilde. In questo capolavoro benedettino sono impressi oltre 1000 anni di storia. Si possono ancora visitare i tre chiostri, le cantine cinquecentesche, gli appartamenti, il refettorio, la Chiesa Abbaziale con il suo bellissimo oratorio. Qualcosa di straordinario.


V come vista: quelle da mozzare il fiato che si riescono a scorgere dai tetti di Mantova. Noi siamo saliti su un tetto speciale: quello di Palazzo Castiglioni, edificato alla fine del Duecento e divenuto dimora dei rivali dei Gonzaga. Oggi invece ospita delle Luxury Suites.


Z come zucca: la troviamo cucinata al forno, oppure come ripieno dei tortelli, emblema della cucina mantovana, ma anche in torte salate o nella Torta di Zucca dolce.

X W Y J come espressione di meraviglia, felicità e soddisfazione al termine di un’esperienza inaspettata e bellissima. Grazie a Can’tForget.it(aly).

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