Abacascì. Ata. Nomi della frutta. Come ogni viaggio verso mete lontane, le parole e i suoni della lingua sono la prima scoperta. In Brasile, poi, ci sono anche i gesti. Le mani che indicano le idee, le smorfie del viso che si piegano alla comunicazione con un’enfasi teatrale. Sono latini d’oltreoceano questi brasiliani, così affini a noi italiani.
Sono qui a Fortaleza per quattro giorni di sfilate. All’invito non ho saputo dire di no. Il Nordest del paese è una regione da cartolina turistica, benedetto da un’estate perenne. Le famiglie ci passano anche solo il week-end, i giovani ci s’improvvisano surfisti. I designer emergenti chiamati a raccolta qui? Sì, perché trovano uno spazio che nelle più istituzionali settimane di Rio de Janeiro e San Paolo è spesso inaccessibile.
Continua su The Passanger by Manuel Ritz