Quell’attimo che vale l’eternità: Walter Bonatti

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Nella mia vita ho conosciuto molti sciatori, altrettanti uomini di montagna e alcuni scalatori ma una sola persona che apparteneva realmente e perdutamente alla montagna. Era una sera tra amici, nella solita baita, lui parlava del sogno di suo nonno, del respiro che ti manca e sai che a morire succede così, del ghiaccio che ti si rompe sotto il rampone. Lui era la classica persona con cui sarei scappata quella sera per andare non so in che luogo ma certamente per non tornare mai più, lui era la (meno) classica persona che apparteneva alla montagna, che sa cosa dà e cosa toglie, cosa rischi, ma sceglie di inseguire quell’attimo che vale l’eternità.

Io non ho conosciuto Walter Bonatti, non conoscevo le sue imprese, le sue foto e i suoi racconti su giornali e televisione, quelle che facevano sognare mio padre, non ero nemmeno nata, tantomeno di persona, ma penso potesse assomigliare a quel ragazzo. Una mostra a Milano, al Palazzo della Ragione Fotografia, fino all’8 marzo 2015 racconta la sua storia, le sue imprese e i suoi documentari: trent’anni anni di viaggi dai deserti di sabbia a quelli di ghiaccio, dalle cime più alte alla barriera corallina. Grandi spazi aperti, incontaminati, estremi. Walter Bonatti comincia negli anni Cinquanta a scalare le vette più alte: dal Monte Bianco, al Cervino fino a quelle del K2. Una passione travolgente, ma è proprio quest’ultima vetta a cambiarlo. Era il 1955, il Signor Zorloni, rappresentante monzese di macchine da scrivere, gli aveva regalato una portatile Everest K2 ed è l’occasione che porta Bonatti a scrivere la sua scomoda verità sul K2. Segue il suo primo articolo per il settimanale Epoca nel quale racconta di quei due giorni e quelle due notti sulla parete del Dru con la sua Ferraia Condoretta, con un’impresa che ha dell’impossibile. Nel 1961 qualcosa va storto, quattro dei sette alpinisti della sua spedizione sul Monte Bianco muoiono, lui viene accusato ferocemente da stampa e colleghi, qualcosa cambia.

Walter si allontana progressivamente dalle cime per rispondere alla domanda che più lo tormenta: esistono ancora terre inesplorate? Diviene ufficialmente inviato speciale per Epoca, arriva in quei luoghi ai confini della realtà, scatta fotografie, racconta le sue storie, fa sognare chi lo legge e crea una tipologia di giornalismo diversa e audace, a cui al tempo non si era abituati. Ogni sua storia era un’impresa, una lotta non con qualcun’altro, non con gli orsi o con le correnti del Rio delle Amazzoni, ma con sé stesso, con le paure che non credeva di avere, con i limiti che la sua anima e il suo corpo non conoscevano, con quella finta curiosità che tramutava in bramosia di raggiungere il dove gli altri non sarebbero mai arrivati. Se ti è nato il gusto di scoprire non potrai che sentire il bisogno di andare più in là. Una vita così, era quella di Bonatti, ad inseguire quell’attimo che vale l’eternità.

 

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