Sembrava di averne viste di tutti i colori, di tutti gli stili, di tutte le marche e invece ci siamo sbagliati, Signori miei. Non c’è mai fine al peggio. Dopo le fashion blogger, le beauty blogger, i food blogger, arrivano le baby blogger. Che poi già Chiara Nasti era una bambina quando ha cominciato, Tavi Gevinson pure, ma erano almeno adolescenti!
Per cui , come non sfruttare piccole creature graziose a scopo di lucro?! Ci si può preservare da fare un figlio/a e non pensare che questo possa diventare una star della rete che magari ti faccia pure arrotondare lo stipendio?
Evidentemente no. No perché abbiamo lottato anni e anni per i diritti umani, per evitare il lavoro minorile e condannare il loro sfruttamento, abbiamo messo alla gogna marchi internazionali e stiamo così attenti che foto dei nostri bambini non finiscano nelle mani dei malintenzionati del web, per poi prenderci tutti per il sedere e creare dei baby mostri, schiavi di quei 15 minuti di gloria tanto osannati da Andy Warhol.
Ecco dunque la nuova tendenza della rete, piccoli look per piccole star, a volte naturali, a volte truccate come gli animali del circo, che mostrano, con studiata e disarmante naturalezza, accessori e capi all’ultima moda. Che bambino giusto, direbbe qualcuno.
Come non colpevolizzare le madri, che si erano limitate, fino a poc’anzi, a realizzare blog per mamme, dove si potevano dare consigli e opinioni più o meno sincere su prodotti per i propri figli, la cui utilità era sicuramente considerevole e considerabile? Ma i limiti vanno sempre superati, ovvio, fino al confine dell’indecenza, del tabù, dello spaventoso.
Nella speranza che questi blog non abbiano esiti positivi, non facciano numeri e visualizzazioni, a noi non resta che bocciare questa idea imprenditoriale e tornare alla routine delle nostre ridicole ma care a confronto, fashion blogger del mondo.