FASHION FILM FESTIVAL MILANO: EYEGASM

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Si è appena conclusa la seconda edizione del Fashion Film Festival Milano, fondato e diretto da Constanza Cavalli Etro. La kermesse si è rivelata una vetrina di film-maker già noti e al tempo stesso un interessante incubatore di nuovi talenti, selezionati fra 600 film provenienti da tutto il mondo. Insomma, un vero e proprio orgasmo visivo. Un’estasi di suggestioni estetiche, nell’ambito della quale sono individuabili tre macrotendenze.

Locandina Fashion Film Festival Milano

La prima è quella delle coreografie di corpi e capi danzanti, dinamici, fluttuanti. Accade, ad esempio, in Agender di K. Ferguson & A. Turvey. In assenza di persone reali, è il loro simulacro digitale ad accennare movenze di ballo – come in Ishtar di Marta Di Francesco – oppure sono gli abiti stessi che, non indossati da modelle e gonfiati dall’aria, sembrano acquisire vita propria in Blowing Riccardo di Marie Vic, premiato come Best Statement Fashion Film.

Ishtar

Un secondo filone è quello dei corti con atmosfere più o meno inquietanti, a tratti morbose, spesso surreali. È il caso dell’onirico The Mechanical Man of the Moon di Tim Walker per Vogue Italia, con Mariacarla Boscono promossa a pieni voti nelle vesti di attrice.

The Mechanical Man of the Moon

Una tendenza che è confermata dall’autolesionismo di Gareth Pugh AW15 del regista Ruth Hogben e prosegue con un’ossessione a sfondo sessuale in Jumper di Justin Anderson (vincitore per la regia nella categoria Established Talent con le sue ambientazioni alla Erwin Olaf), senza parlare del circo dark di Collector of Curiosities, firmato da Regina Sepp. S’iscrivono in questo filone anche l’enigmatico Three Rivers di Marco Prestini, le cacciatrici di morti viventi di Dropdead Gorgeous di Ged e la provocatoria parodia Bags di Senio Zapruder per Dsquared2, in cui una protagonista sovrappeso, alienata con il suo junk food davanti alla TV, si veste da dominatrix e sevizia una collezione di borse lussuose.

Bags 1

Bags 2

Il terzo filone è in controtendenza rispetto a buona parte dei fashion film, in cui non c’è una reale struttura narrativa, perché la forma espressiva e il significante tendono a coincidere col significato. Alcuni corti del Fashion Film Festival Milano, invece, non solo presentano uno storytelling, ma addirittura ricorrono all’ironia. Ironia evidente – oltre che nel già citato Bags – nel nonsense di Pippin and the Pursuits of Life dell’olandese Femke Huurdeman per Maaike Fransen (premiato per le categorie Best New Director, Best New Designer/Brand e Best New Fashion Film), così come nello humour di Workout di Priscilla Santinelli (Best New Italian Fashion Film). In un panorama generale di modelle algide e imbronciate, viva l’originalità.

Pippin and the Pursuits of Life

Workout

La giuria ufficiale – che annovera personaggi del calibro di Franca Sozzani, Rankin e Bruno Aveillan, fra gli altri – ha già decretato i suoi vincitori. Senza citarli tutti, come Best Fashion Film è stato scelto Legs Are Not Doors di Harley Weir per Proenza Schouler. Quest’anno, però, anche il pubblico ha potuto votare online – in piena ottica web 2.0 – e il 28 settembre Stone Immaculate Vintage, il video qui sotto, è risultato il preferito della giuria popolare.

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