E.O.F.T.: Una vita non basta

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Quando siamo imprigionati nei ritmi frenetici della città, le nostre vite sono totalmente prive d’equilibrio, anche se da fuori sembra solo che un giorno segua l’altro, un impegno segua l’altro e intorno tutto tace. Ciò che invece urla è la forza che ci teniamo dentro: di gridare, di rischiare, di andare, di esporre il cuore e la mente a cose nuove, e di dare una nuova prospettiva anche solo ad un’intera vita.

 

Per nostra fortuna c’è sempre qualcuno che ci ricorda che il mondo è grande e tutto da scoprire, che l’impossibile è solo un’opinione, che ci insegna che le cose diventano possibili con le azioni.
 

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Dal 7 ottobre in un tour in giro per l’Europa, che toccherà 300 città in 15 Paesi, e in Italia dall’11 ottobre, sta viaggiando E.O.F.T., il più grande festival di film outdoor d’Europa. Ovviamente ha fatto tappa a Milano e, ovviamente, non me lo sono perso.

 

7 film, 120 minuti, nessun copione, senza attori e nemmeno un effetto speciale: l’European Outdoor Film Tour è un racconto a tappe di avventure irrealizzabili che diventano possibili, di sogni che diventano azioni, ma soprattutto la testimonianza che possiamo essere sempre meglio e sempre ‘di più’ di quello che già siamo. I narratori sono gli scalatori, i bikers, gli sciatori che, con il supporto di E.O.F.T., affrontano e ci raccontano la storia dei loro viaggi alla fine del mondo, facendoci sognare ma soprattutto spingendoci ad affrontare i nostri limiti per cercare quell’istante in cui tutto sembra essere sincronizzato allo stesso ritmo e il cuore batte in equilibrio.

 
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Tra i protagonisti di quest’anno c’è l’alpinista americana Hilaree O’Neill e la sua scalata dell’Hkakabo Razi, considerata la montagna più alta del Sudest asiatico; Ben Stookesberry, Chris Korbulic, Ben Marr e Pedro Oliva, i loro kayak e il loro viaggio senza ritorno; il biker estremo Harald Philipp; David Lama, la promessa giovanissima dell’alpinismo, ma di quello più coriaceo e più puro; i due base-jumper, Matt Blank e Ian Flanders.

 

 

Poi ci sono loro, i miei preferiti: “Il mucchio selvaggio”, i quattro vincitori del Piolet d’Or: Sean Villanueva O’Driscoll, Benjamin Ditto, e i fratelli Olivier e Nicolas Favresse, che si arrampicano e navigano tra e sulle montagne dell’Arcipelago Artico per 4 mesi, diretti all’Isola di Baffin con una passione e un’ingenuità difficilmente paragonabile.

 

Ed infine una vera e propria incarnazione di un sogno di moltissimi ragazzini, e anche – senza dubbio – di uno dei miei: si chiama Jérémie Heitz, “l’extraterrestre” giovanissimo sciatore alpinista che a 120 km orari scende e conquista tredici su quindici vette da quattromila metri a 55° di pendenza.
 

 
Esco dalla sala con il cuore in gola e la certezza che una vita non (mi) basta. Devo correre, vedere il mondo, affrontare le mie paure, lasciando indietro i rimpianti, perché ci sono troppe cose ancora da imparare, perché una vita vissuta a metà non è la vita che sogno, perché a me piace di più chi non si piega e che alla fine si spezza, perché ne vale sempre la pena.

 

Siete pronti a venire con me? Vi diranno che siete matti, ma forse siamo solo più liberi.

 
lunagri3

 

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