Che sia la manopolina o che abbia le dita il guanto è davvero un bell’accessorio. Corto al polso, lungo al gomito, largo, stretto, tondeggiante, affusolato. Spesso considerato più da un lato pratico che estetico, ci si dimentica di quanta storia contenga in sé, di quanti significati abbia. Sempre utilizzato nei lavori manuali, il guanto ha anche accompagnato periodi storici e grandi momenti di evoluzione: il modello senza dita che ha toccato fisicamente la nascita dell’automobile, il guanto in pizzo in estate e in pelle in inverno della borghesia, che ha sfilato con le suffragette a suon di diritti paritari, il guanto gettato a terra per sfidarsi tra gentiluomini, che ha visto il passaggio dalla spada alla rivoltella, indumento così ricco diventato così scontato.
Aristide è un brand che gli concede la ribalta, ancora una volta. Dal 2010 questo accessorio viene studiato da un punto di vista tecnico, funzionale ed estetico, utilizzando una conoscenza storica e aggiungendo una visione contemporanea, ispirata all’arte, all’architettura e alla natura, rispettando l’eredità della tradizione, portando originalità e modernità nei tagli e nei volumi.
Per questa FW 2016-17 uno degli “spiriti guida” è Daniel Buren che crea e personalizza lo spazio attraverso i colori, secondo uno stile grafico / geometrico, che viene ripreso ed utilizzato per la collezione di guanti. Questo è quello che cerchiamo di proporre con i nostri guanti, un altro visione di questo accessorio.
Il secondo maestro è Ettore Sottsass, con il suo concetto di totem, ripreso grazie a sovrapposizioni di pelle e forme sul guanto, infine il surrealismo e la metafisica di Salvator Dalì, De Chirico, Magritte per dare quel tocco di assurdo che è anche avanguardia pura.
Materiali eccellenti, pelle morbidissima e pelliccia, colori vivaci, opachi e metalizzati.
Il grande ritorno del guanto.