Songül, delicate istantanee di un reportage a distanza

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“Cara Serena, spero tu stia bene e che nella tua via sia tutto ok. La mia storia.”

Con queste parole inizia un racconto sommesso e rispettoso, una storia che viene fotografata in Italia, ma che si svolge in Turchia, ad est, là dove il paese confina con la Siria.

Una storia che inizia tre anni fa e che da allora si evolve, prende forma e luce in un modo sperimentale e del tutto nuovo, con una forza evocativa allo stesso tempo dirompente e delicata che è in grado di intrecciare arte e vita. Questa è la storia di Songül.

© Serena Pea 2017_SerenaPea_Songul_1

Songül, che in turco significa l’ultima rosa, è il nome di una ragazza turca di 22 anni che tre anni fa, spinta dal desiderio di diventare insegnante, si è spostata ad est della Turchia per prestare il servizio civile obbligatorio che il governo turco richiede a chiunque, una volta laureato, decida di insegnare nella scuola pubblica. La durata del proprio mandato dipende dalla pericolosità e dal rischio terroristico del luogo, fino a un massimo di 4 anni.

Ed è proprio poco prima di partire che la storia di Songül inizia a trasformarsi in un progetto artistico, grazie all’incontro con la giovane fotografa italiana Serena Pea. Fotografa di scena al Teatro Stabile del Veneto dal 2012 e finalista con il suo, meraviglioso, progetto “Everyday Souvenir” al Festival della Giovane Fotografia Europea del 2014, Serena vede qualcosa nella storia di Songül e decide di raccontarla a modo suo. Un modo ricorrente in tutte le sue opere, rispettoso e legato alle persone, che mostra una devozione estrema verso i propri soggetti, quasi una reverenza; una fotografia che è capace di catturare una radiografia del mondo, dopo aver chiesto con gentilezza il permesso. “Tra le mie foto non vedrai mai scatti rubati” mi confessa, sorridendo. “Amo le fotografie legate alle persone, quelle dove si vede che c’è una relazione”.

© Serena Pea 2017_SerenaPea_Songul_2Ma Serena non può seguire Songül in Turchia e l’idea iniziale di realizzare un reportage si blocca. Ed è qui che la giovane fotografa riesce a trasformare un ostacolo in un’opportunità. Avete mai pensato si potesse realizzare un reportage a distanza? Io, personalmente, non ci avevo mai pensato. Serena, al contrario, sì, ed è stata proprio questa l’intuizione geniale che le ha permesso di realizzare l’imperdibile serie di fotografie che saranno esposte fino al 16 giugno presso il Centro Culturale San Gaetano a Padova e dal 18 maggio al 18 giugno al Museo Diocesano di Padova.

Come realizzare un reportage a distanza? Serena Pea voleva fortemente che la microstoria di Songül potesse portare alla luce anche una microstoria della Turchia, da ricreare con gli strumenti a disposizione senza cedere a sensazionalismi e con la volontà di rimanere quanto più fedele possibile alle parole di Songül.

Il fatto che la microstoria, poi, sia micro a tutti gli effetti è soltanto una coincidenza. L’intuito di Serena fa centro ancora una volta e con il prezioso aiuto dello scenografo Alberto Nonnato realizza una serie di miniature che diventeranno le protagoniste di tutti gli scatti. Così la valigia che ci ricorda il suo viaggio, le sedie, i banchi e i libri che ci permettono di abbracciare la passione di Songül per la scuola, per l’istruzione; così la tavola ricca di spezie, per lasciarci travolgere dal suo amore per la cucina.

Osserviamo le giornate di Songül con gli occhi di Serena, viaggiamo verso un luogo lontano che ha il sapore di una casa non nostra, come non lo era per Songül. Osserviamo il suo piccolo grande mondo e ci sembra a volte di sbirciarlo dal buco di una serratura, in una dimensione così intima e personale che richiede quasi di abbassare la voce, lo sguardo, per rispettare i luoghi in cui siamo a volte ospiti, altre estranei. Luoghi in cui Songül ci dà però sempre accesso attraverso le sue parole, quel “permesso” che Serena sa e desidera chiedere.

© Serena Pea 2017_SerenaPea_Songul_3Gli scatti di Serena Pea sono infatti sempre accompagnati da un breve testo di Songül estratto dal loro lungo scambio epistolare, parte fondamentale dell’opera. “My English is not too good, so can you understand me?” confessa a un certo punto Songül alla fotografa, quando il racconto si fa più arduo, i temi più delicati. Questa è per Serena una frase chiave, dentro la quale si racchiude il grande sforzo artistico e di responsabilità di questo progetto: quello di ricreare fedelmente il mondo di Songül, le “istantanee della sua mente” come le chiama Serena, e sarebbe difficile definirle in modo più calzante.

Perché queste istantanee sono davvero in grado di racchiudere tutto il mondo di Songül, nel quale l’artista ci accompagna per mano. Come si trattasse di speciali polaroid, svelano uno scambio umano totale, che supera le barriere linguistiche, culturali, geografiche. Sono testimonianze e testimoni di una straordinaria capacità di tradurre le parole in immagini, le immagini in emozioni.

È curioso pensare come la distanza che ha permesso a questo progetto di nascere si trasformi in una sua componente necessaria e insostituibile, il ponte che ci permette di sentirci vicini a Songül, seduti sul suo letto, nell’angolo dietro la lavagna della sua scuola. Accanto a lei mentre esplode un’altra bomba sul villaggio, quella che cade su un deposito di spezie e invade di curcuma, e commozione, gli immutabili modellini. E che fa dire a Songül, a Serena, a noi: “Non posso più stare qui. Me ne devo andare.”

 

 

Songül, Serena Pea

Mirabilia, Il segno della contemporaneità nelle opere di artisti under 35

dal 18.05 al 18.06

Museo Diocesano di Padova – Piazza Duomo, 12

orari: da giovedì a sabato 14.00-18.00; domenica 10.00-18.00

Entrata libera

 

Attualmente in corso:

In/Out Spazi D’Arte, a cura di Matilde Cesareo

dal 04.05 al 16.06

presso il Centro Culturale San Gaetano – via Altinate 71, Padova c/o Ufficio di Progetto Giovani

Orari: dal martedì al giovedì: 10:00 – 19:00; sabato: 10:00 – 13:00

Entrata libera

Fotografie: © Serena Pea 2017, http://serenapea.com/

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