Una storia d’amore semplice

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Esistono storie semplici? Esistono relazioni umane in cui realmente le cose vengono da sé, senza spinte e dietrologie, senza secondi fini e spinte per far funzionare le cose?

Come si capisce se l’amore che si prova è realmente tale?

Mentre mi pongo e pongo a voi queste domande cerco davvero una risposta, nell’evidenza che una risposta certa non c’è. Se ragionassimo sull’amore in termini idealistici, puramente filosofici forse una risoluzione al quesito ci potrebbe anche essere ma l’amore avviene all’interno di circostanze e fatti concreti, che spesso esulano da esso ma inevitabilmente lo influenzano.

Allora parto dal ragionamento contrario, pensando a cos’è il non amore. E’ il disinteresse, è il distacco, la noncuranza. Per me non amare significa non essere coinvolto nei turbinii della vita dell’altro, nei suoi mostri, i suoi demoni, le sue falle, le sue ammaccature, i suoi difetti. E’ volere solo il meglio per sé. Il non amore potrebbe coincidere con la paura di rischiare qualsiasi parte di sé, é egoismo, dove stare bene è la primaria necessità.

Sono dell’idea che l’amore vada coltivato, anche se il percorso è lungo e faticoso. Credo che l’amore sia come un germoglio di una pianta di cui prendersi cura, che necessiti di costanza e conoscenza, di concimanti e potature, di serre e aria aperta, di luce e di ombra, a seconda del meteo. Il germoglio va protetto dalle intemperie, in modo che, una volta cresciuto robusto, sappia affrontare da sé le sfide con la natura, in maniera che le radici siano salde e ben ancorate al terreno mentre le foglie siano libere di svilupparsi come meglio credono. Penso che l’amore sia quel sentimento incondizionato che vive di libertà, non personale, ma dell’altro. Amare è un po’ pensare a “voglio il meglio per te”, anche se questo meglio non ci contempla. “Voglio la tua felicità ben prima della mia, ti offro ciò che ho e sei tu a decidere cosa prendere e quanto prendere, senza obblighi ne ritorni.

Ecco allora che ho trovato illuminante la definizione, come d’altronde lo sono tutte all’interno del libro di ogni semplice e complessissimo sentimento umano, de “Il Piccolo Principe”, quando narra:

«Ti amo» – disse il Piccolo Principe.

«Anche io ti voglio bene» – rispose la rosa.

«Ma non è la stessa cosa» – rispose lui. – «Voler bene significa prendere possesso di qualcosa, di qualcuno. Significa cercare negli altri ciò che riempie le aspettative personali di affetto, di compagnia. Voler bene significa rendere nostro ciò che non ci appartiene, desiderare qualcosa per completarci, perché sentiamo che ci manca qualcosa.»

Voler bene significa sperare, attaccarsi alle cose e alle persone a seconda delle nostre necessità. E se non siamo ricambiati, soffriamo. Quando la persona a cui vogliamo bene non ci corrisponde, ci sentiamo frustrati e delusi.

Se vogliamo bene a qualcuno, abbiamo alcune aspettative. Se l’altra persona non ci dà quello che ci aspettiamo, stiamo male. Il problema è che c’è un’alta probabilità che l’altro sia spinto ad agire in modo diverso da come vorremmo, perché non siamo tutti uguali. Ogni essere umano è un universo a sé stante.

Quando una persona dice di aver sofferto per amore, in realtà ha sofferto per aver voluto bene. Si soffre a causa degli attaccamenti. Se si ama davvero, non si può stare male, perché non ci si aspetta nulla dall’altro. Quando amiamo, ci offriamo totalmente senza chiedere niente in cambio, per il puro e semplice piacere di “dare”. Ma è chiaro che questo offrirsi e regalarsi in maniera disinteressata può avere luogo solo se c’è conoscenza.

Possiamo amare qualcuno solo quando lo conosciamo davvero, perché amare significa fare un salto nel vuoto, affidare la propria vita e la propria anima. E l’anima non si può indennizzare. Conoscersi significa sapere quali sono le gioie dell’altro, qual è la sua pace, quali sono le sue ire, le sue lotte e i suoi errori. Perché l’amore va oltre la rabbia, la lotta e gli errori e non è presente solo nei momenti allegri.

Amare significa confidare pienamente nel fatto che l’altro ci sarà sempre, qualsiasi cosa accada, perché non ci deve niente: non si tratta di un nostro egoistico possedimento, bensì di una silenziosa compagnia.

Amare significa che non cambieremo né con il tempo né con le tormente né con gli inverni.

Amare è attribuire all’altro un posto nel nostro cuore affinché ci resti in qualità di partner, padre, madre, fratello, figlio, amico; amare è sapere che anche nel cuore dell’altro c’è un posto speciale per noi. Dare amore non ne esaurisce la quantità, anzi, la aumenta. E per ricambiare tutto quell’amore, bisogna aprire il cuore e lasciarsi amare.

«Adesso ho capito» – rispose la rosa dopo una lunga pausa.

«Il meglio è viverlo» – le consigliò il Piccolo Principe.

Spesso ci comportiamo come le rose, dovremmo essere tutte un po’ più “Petit Prince”

 

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