Ad ogni tempo spetta la sua arte, e all’arte la sua libertà (di crescere): Klimt

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Amare Klimt è un amore facile, come il più tenero degli amanti che ti culla tra le sue braccia. Amare il Klimt degli albori con tutte le incertezze e le incoerenze di un ragazzino che cresce è assai più coraggioso. Questa è la sfida di Palazzo Reale a Milano che fino al 13 luglio 2014 ospita una mostra sulle origini del mito del pittore viennese. È proprio questo il titolo dell’esposizione che, grazie alla collaborazione con il Museo del Belvedere di Vienna, ha voluto scavare nel percorso formativo di uno dei più popolari artisti dell’età moderna.

 

Scordatevi dunque vite affusolate, baci avvolgenti e scintillii penetranti. Al loro posto intervallate fianchi più morbidi, coloratissimi tecnicismi e ritratti di fine abilità. Gustav Klimt era infatti sommo disegnatore e ritrattista, nella sua formazione giovanile presso la Scuola di Arti Applicate di Vienna lavora instancabilmente sulle linee classiche e sulle nuovissime tecniche artistiche di inizio secolo. La vita si misura dalle persone che hai intorno, l’arte segue lo stesso metodo: quella di Klimt si misura dal nido familiare che mai abbandonerà colmo di femminilità e protezione, da qui il suo fascino per la forza del corpo femminile, ma anche dall’infaticabile amicizia con Franz Matsch, con il quale fonderà la Künstler-Compagnie (Compagnia degli Artisti) che decorò gli edifici di mezza Vienna. Ma ad ogni tempo spetta la sua arte, e all’arte la sua libertà, a Vienna arriva la Secessione, gli storicismi artistici lasciano il posto ai respiri d’avanguardia, Klimt è ormai cresciuto: è il momento del “Fregio di Beethoven” esposto nel 1902 a Vienna all’interno del Palazzo della Secessione costruito nel 1897, controcorrente e dall’animo irriverente, e della femme fatale “Salomè” (1909) che affonda con le sue mani la tradizione classica e classista.

 

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