Due gradi tra noi e mai.

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Che cosa sei disposto a cambiare del tuo stile di vita per sopravvivere?

Fai la raccolta differenziata? Riduci i rifiuti? Come si produce l’energia? Tu come ti scaldi e quanto ti scaldi in casa? Il tuo condizionatore, in estate, a quanti gradi lo imposti?  Acqua? Rubinetto o bottiglia? Doccia o vasca? Quanta acqua serve per realizzare i vestiti che indossi? I tuoi vestiti da chi sono prodotti? Dove e come li producono? Usi mai la bicicletta? Quanta CO2 immette nell’aria la tua automobile? Quanto cibo butti nella spazzatura? Carne, verdura, cereali quale impatto hanno sull’ambiente e sulla tua dieta, lo sai?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Queste sono solo alcune delle domande che dobbiamo farci ed alle quali dobbiamo saper rispondere. Meglio ancora sarebbe se le risposte derivassero da comportamenti responsabili, perché le nostre azioni e le nostre scelte influiscono sul livello dei gas serra che si concentrano in atmosfera.

I gas serra, detti anche climalteranti, sono proprio quelli che generano il surriscaldamento globale.

Oggi le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera sono ai massimi livelli da 800.000 anni a questa parte.
Tra il 1880 e il 2012 la temperatura della superficie terrestre e degli Oceani è salita di 0,85°C, ad un ritmo troppo veloce. Resta poco tempo per intervenire e mantenere il riscaldamento globale sotto la soglia dei  2°C.
Secondo l’Ipcc, gli scienziati sono certi al 95% che le principali cause del riscaldamento dalla metà del ventesimo secolo sia l’aumento dei gas serra, dovuto a combustione di carboni fossili e la deforestazione.
Insomma, è affare dell’uomo.

La storica intesa raggiunta tra Usa e Cina per la protezione dell’ambiente ci impone una riflessione sulla gravità della situazione.
Lo storico accordo, annunciato congiuntamente dal presidente Usa e dal cinese Xi, prevede nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio degli Usa e l’impegno della Cina di fermarne l’aumento entro il 2030. L’amministrazione Usa si è impegnata a ridurre le emissioni del 25-28% entro il 2025, sulla base dei dati fissati nel 2005.
La Cina si impegna, per la prima volta, ad un intervento per eliminare i gas serra. Le due nazioni sono responsabili del 45 % delle emissioni di CO2 mondiali.

Finalmente una politica condivisa con un obiettivo!

Il segretario di Stato, John Kerry, commentando i dati dell’Ipcc ha detto: “A rischio sono le generazioni future. Chi contesta gli studi sul clima mette in pericolo le future generazioni. Chi decide di ignorare e contestare questi dati mette in una situazione di pericolo tutti noi, ma anche i nostri figli e nipoti. Più resteremo fermi di fronte a questioni ideologiche e politiche, più il costo del nostro mancato intervento crescerà”.

Oggi è iniziata la COP20 a Lima e nel 2015 ci sarà il summit di Parigi…Ma la sfida più difficile sarà decidere chi dovrà fare cosa. Già si prevede una lotta tra i Paesi ricchi e quelli in via di sviluppo. I primi chiederanno a tutti di abbracciare obiettivi ambiziosi, mentre i secondi potrebbero continuare a sostenere che ci sono nazioni che storicamente hanno maggiori responsabilità, devono essere loro quindi in prima linea per aiutare i paesi più poveri a far fronte all’impatto del riscaldamento globale.
Insomma si teme una seconda colonizzazione mascherata da rispetto ambientale.

A Parigi però, la conferenza dovrà segnare una tappa decisiva nei negoziati del futuro accordo internazionale per il dopo 2020, con l’adozione dei grandi orientamenti, come deciso a Durban. Lo scopo dovrà necessariamente essere il seguente: tutti i paesi, fra cui i maggiori emettori di gas ad effetto serra, senza distinzione rispetto al grado di sviluppo, devono essere impegnati da un accordo universale e costrittivo sul clima.
La Francia chiede a gran voce un accordo applicabile a tutti, abbastanza ambizioso per permettere di raggiungere l’obiettivo di non superare i due gradi e dotato di un’efficacia giuridica costrittiva.
Il nuovo accordo dovrà trovare un equilibrio tra l’approccio di Kyoto, cioè la  divisione matematica degli impegni di riduzione delle emissioni a partire da un comune limite massimo consentito, e quello di Copenhagen, un insieme di impegni nazionali non costrittivi.
L’accordo dovrà attuare un cambiamento di paradigma, considerando la sfida climatica non in quanto condivisione inevitabile del peso delle emissioni, ma prima di ogni cosa come un’opportunità di posti di lavoro e di richezza, di invenzione di nuovi modi di produzione e di consumo.

Tu? Vuoi tapparti il naso, decrescere oppure diventare responsabile?

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