Siamo stati a ComplexCon 2018: ecco come è andata!

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Se Parigi val bene una messa, Los Angeles vale sempre una visita. Specialmente durante il week end del ComplexCon. Per chi non lo sapesse, ComplexCon è il più grande evento mondiale dedicato alle sneaker e allo streetwear. Giunto ormai alla sua terza edizione, l’evento organizzato dal colosso dei media Complex può contare su due direttori artistici del calibro di Pharrell Williams e Takashi Murakami. Non proprio “due di passaggio” (Mario Brega docet). La manifestazione si sviluppa nell’arco di un intero week end e si svolge all’interno del centro congressi di Long Beach: un complesso fieristico a circa mezz’ora di distanza di auto da Los Angeles che contiene al suo interno un padiglione, un’arena per i concerti ed un lago artificiale. Quest’anno, dopo le prime due clamorose edizioni del 2016 e del 2017, abbiamo deciso di partire alla volta si L.A. per testare con mano questo famoso ComplexCon. Vediamo come è andata. 

L’evento

Partiti da Roma ed atterrati direttamente a Los Angeles, dopo alcuni giorni di cibo, alcol, shopping e persino un po’ di cultura (consigliamo vivamente una visita al The Broad, nuovissimo museo di arte contemporanea situato a Downtown), arriviamo al Convention Center di Long Beach per la prima giornata del ComplexCon. Nonostante l’anticipo di un’ora rispetto all’apertura dei cancelli troviamo ad attenderci circa 600/700 metri di fila (no, non stiamo esagerando). Armati di pazienza ritiriamo i nostri pass e ci mettiamo tranquillamente in coda. Fortuna vuole che gli americani siano dei grandi organizzatori di eventi, per cui una volta aperte le porte la fila inizia a scorrere velocemente, tanto che nel giro di un quarto d’ora siamo dentro. Una volta scansionati i bracciali con chip NFC siamo dentro il fantastico mondo di ComplexCon. Orientarsi al suo interno non è facile. Tra aree aziendali, installazioni e semplici banchi non è semplice capire dove si è capitati. Ma la cosa che più disorienta è vedere migliaia di persone correre a destra e sinistra per accaparrarsi i posti migliori nelle code riservate alle release di prodotti speciali e/o ad edizione limitata. Una delle caratteristiche di questa immensa fiera è quella di offrire l’accesso ad una serie infinita di prodotti realizzati appositamente per l’occasione da tutte le aziende partner dell’evento.

Tra le proposte più attese c’era senza dubbio l’uscita della nuova Nike Dunk Sb in collaborazione con Diamond Supply. Peccato che la release sia stata annullata sia durante il primo giorno che durante il secondo a causa di risse scatenate tra le centinaia di persone in fila per l’acquisto. Potere dell’hype. Lo stesso potere che ha fatto in modo che in alcuni stand fosse impossibile entrare a cause delle eterne code all’ingresso. Bait, Places + Faces, BBC, Atmos e Chianatown Market sono alcuni degli stand che hanno registrato il tutto esaurito. Tra gli ospiti che abbiamo intercettato all’interno del grande padiglione di Long Beach possiamo menzionare Pharrell, Snoop Dogg, Jerry Lorenzo (Fear Of God), DJ Premier, Ron English, Vashtie, Victor Cruz, Nas, J Balvin e Lena Waithe. Particolarmente interessanti le conferenze suddivise durante le due giornate: Virgil Abloh, Lewis Hamilton, Tommi Hilfiger, Action Bronson e Ronnie Fieg sono solo alcuni dei relatori che si sono alternati sul palco delle talk per discutere sui punti di contatto tra streetwear, musica, arte e food. Altrettanto affascinanti sono stati i live show musicali: sul palco della Pigeons & Planes Arena si sono esibiti Tinashe, T-Pain, Rae Sremmurd, Future, Vince Staple e molti altri.

La nota critica

I prezzi. Sicuramente i prezzi, decisamente alti. Premesso che l’evento merita ogni singolo centesimo del biglietto d’ingresso (105€ per l’abbonamento valido per entrambe le giornate), ciò che ci è sembrato eccessivo sono i 5$ per una bottiglia d’acqua da mezzo litro. Idem per i costi del cibo: 26 dollari per l’hamburger griffato Murakami, 17$ per una pizza dalle dimensioni non eccessive, 16$ per tre strisce di pollo fritto. Per non parlare poi del merchandising ufficiale firmato dall’artista giapponese i cui prezzi partivano dai 25 dollari per un tazza fino ai 500 per il set di tre tavole da skate, passando per i 50 bucks delle t-shirt. Tutto molto buono, tutto molto suggestivo, ma tutto troppo caro. Bella a boiserie, bello l’armadio, belle le cassapanche …ma io non te pago, direbbe il Marchese del Grillo. Un’altra critica che ci sentiamo di fare è che l’evento forse è un po’ troppo Murakami-centrico: illustrazioni, allestimenti, installazioni, opere d’arte, tutto ruotava intorno a Takashi-san e alle sue grafiche multicolor con un risultato che si avvicinava a quello di una immensa marchetta. Un po’ tipo l’ultimo Sanremo firmato Baglioni. 

Conclusioni

Dopo pochi giorni dal rientro in Italia e quindi con il tempo necessario per elaborare il tutto a mente fredda possiamo senza dubbio affermare che il Complexcon è un evento che merita la visita. Per chi è appassionato di quello strano sistema chiamato street culture, e di tutti i micro/macro universi che vi ruotano intorno (sneaker, food, art, toy e musica), prendere parte ad una manifestazione del genere può sembrare una sorta di esperienza extraterritoriale. Oltre alla facciata patinata, ComplexCon offre la possibilità di incontrare i personaggi chiave che hanno contribuito (e continuano a contribuire) allo sviluppo di questa community. Inoltre grazie alle conferenze è possibile approfondire, e magari capire, i meccanismi che tracciano le fondamenta dell’intero movimento street. Tolti quindi tutti gli aspetti legati a termini quali hype e swag, per non parlare poi di tutta quella sfilza di star/starlette/web influencer che arrivano al ComplexCon alla ricerca dei 15 minuti di warholiana celebrità, resta una forte componente culturale alla base di tutto. Ma in circostanze come questa tutto fa colore, basta solo capire la differenza tra cultura e folklore. In conclusione possiamo affermare senza dubbio che l’evento ci è piaciuto e che non vediamo l’ora (finanze permettendo) di tornare all’edizione del 2019. Sperando che gli organizzatori si mettano una mano sulla coscienza e abbassino i prezzi. Sarà difficile, ma la speranza e l’ultima a morire. Buona la terza (edizione), See ya next year!

 

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