Quando si pensa all’Emilia Romagna vengono alla mente il buon cibo, il buon vino e il passaggio graduale dalla calda pianura, alle salite dolci delle colline, ai passi appenninici.
È ed proprio sulle pendici di queste dolci colline, sulle rive del fiume Santerno che si snoda l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola.
Gli annali datano la sua fondazione al 1947 grazie alla passione di 4 imolesi (Alfredo Campagnoli, Graziano Golinelli, Ugo Montevecchi e Gualtieri Vighi) ai quali si unì l’entusiasmo di Checco Costa, presidente del Motoclub Imolese e padre di Claudio medico/filosofo fondatore della Clinica Mobile.
Nacque così la ESTI (Ente Sport e Turismo Imolese) società che nel 1949 ne approvò la pianta definitiva, battezzandolo “Circuito del Castellaccio” dalla zona della città in cui venne posata la prima pietra.
Era il 22 Marzo 1950.
Il tracciato lungo 5km era un misto veloce,da percorrere in senso antiorario e composto, come quasi tutti tracciati di allora,da strade esistenti e tratti realizzati appositamente.
Nel 1952 le prime ruote che percorsero i 5km furono quelle della Gilera di Umberto Masetti.
Studiato principalmente per le moto anche le auto mostrarono interesse verso il tracciato tanto ché Enzo Ferrari vi fece provare la 340 Sport guidata dai suoi migliori piloti: Ascari,Marzotto,Villoresi.
25 Aprile 1953,la prima gara ufficiale con il Campionato Italiano Velocità Moto.
Le auto vi corsero per la prima volta l’anno dopo.
Gli inizi degli anni ’60 videro l’affacciarsi della F1 e la prima gara,seppure non valida per il mondiale,la vinse Jim Clark.
In questi anni la gara imolese entra nel calendario di molte categorie,soprattutto Endurance, sia automobilistiche che motociclistiche su tutte la 1000 Km per le auto e la 200 Miglia per le moto.
Negli anni ’70 l’autodromo dopo esser stato intotalato a Dino,figlio del Drake scomparso prematuramente,dovette subire grossi lavori di ammodernamento per ospitare nuovamente la F1.
Per rallentare le vetture vennero introdotte due varianti,la Variante Alta e la Variante Bassa,oltre che vie di fuga più ampie soprattutto alle Acque Minerali.
Questa conformazione ne ha fatto uno dei cosidetti “circuiti di vecchia scuola”. Veloce, tecnico, impegnativo e pericoloso.
Dopo la morte di Enzo Ferrari nel 1988,il nome del Drake venne affiancato a quello del figlio diventando così l’autodromo “Enzo e Dino Ferrari”.
Gli anni ’90 possono essere considerati gli anni del declino.
Il motomondiale dopo una lunga assenza vi corse solamente dal 93 al 96 e la F1 conobbe l’anno più nero della sua storia.
Di quello che successe il 29/30 Aprile e il 1 Maggio se ne è parlato tanto. A volte con dispiacere e competenza,altre a sproposito. Io mi limiterò a ricordare.
Dopo quel weekend l’autodromo subì pesanti critiche per la sua conformazione e sulla sicurezza del tracciato. Ignorando “in buona fede” il fatto che un freno allo sviluppo tecnico di mezzi difficilmente controllabili andava messo ben prima. Ma questa è un’altra storia.
La crociata della sicurezza senza se e senza ma,mette di fronte la società che gestisce l’impianto ad una scelta: rinnovare totalmente l’autodromo o la conseguente perdita del mondiale di F1.
Nel 2006 la stessa società dichiara il fallimento anche per i costi esorbitanti delle richieste da parte del managment della F1.
Rilevato da una nuova cordata, dopo altre non felici questioni economiche,il nuovo impianto viene inaugurato nel 2008.
Zona box ammodernata, infrastrutture rinnovate, l’unico ricordo del passato è la Torre Marlboro davanti al traguardo. Tutto questo ha riacceso l’interesse delle due e delle quattro ruote verso il circuito imolese,ospitando gare a livello mondiale di svariate categorie.
Ma. C’è sempre un ma.
Per i puristi tra i quali mi ci metto anch’io,le modifiche al curvone del Tamburello, alla Villenueve, alla staccata della Piratella ne hanno addolcito l’indole. Privandolo di ciò che lo rendeva speciale tanto da meritarsi l’appellativo di “Piccolo Nurburgring”.
Quello che resta è comunque un circuito tecnico e molto veloce dove la Guida e quindi l’elemento umano contano ancora.
Per fortuna.